Tennis in carrozzina, Alghero al centro del mondo per sei giorni
Numeri da record per la 16° edizione del Sardinia Open Wheelchair Tennis, in programma dal 22 al 26 settembre sui campi in green-set di Maria Pia
Era il 10 maggio del 2005 e il comune di Alghero, unico in Sardegna, riceveva il Premio FIABA, del Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche. Un fiore all’occhiello, si diceva a quei tempi, per tutta la città e per l’amministrazione algherese che se ne faceva gran vanto. Quel fiore, tuttavia, nel tempo si è appassito rapidamente facendo scendere l’attenzione e la sensibilità verso i diversamente abili, a livelli che, personalmente, preferirei non esistessero in alcuna parte del mondo. Completamente diversa, invece, la storia dell’Open Sardinia di Tennis in carrozzina che, nato già nel 2000, da una felice intuizione di Alberto Corradi, anno dopo anno, è cresciuto fino a raggiungere traguardi assolutamente impensabili. Per ben tre volte, nel 2004, 2012 e 2013, il torneo è stato proclamato dalla ITF (INTERNATIONAL TENNIS FEDERATION) organo ufficiale di tutto il tennis mondiale, miglior torneo al mondo tra i 178 che ogni anno si disputano nel globo terrestre. Potrebbe sembrare la solita esagerazione tutta nostrana, dove la presunzione si mescola alla propaganda, se non fosse che ho visto e toccato con mano cosa succede su quei campi da tennis, nei giorni in cui il torneo entra nel vivo della competizione.
Giusto per fare un po’ di cronaca, il Sardinia Open, patrocinato dall’ITF, è parte integrante del Super Nine; il club che racchiude i nove più importanti tornei al mondo. Avrà il montepremi più alto di tutte le manifestazioni che si svolgeranno in Sardegna (ventottomila euro) e, inserita nella categoria ITF 1, sarà valida, come prova per le qualificazioni alle Paraolimpiadi di RIO 2016. Saranno circa 120, gli atleti diversamente abili, provenienti da tutto il pianeta, che si contenderanno i titoli di singolare e doppio maschile, femminile, quad e juniores, di prima e seconda categoria. Il vincitore dell’edizione 2014, Joachim Gerad (BEL), dovrà quindi vedersela con tutti i più forti giocatori al mondo, tra cui otto dei primi classificati nel ranking, capeggiati dal numero due, il Francese Stephane Houdet. Anche nel tabellone femminile, a darsi battaglia per il titolo finale, saranno presenti otto tra le prime dieci giocatrici al mondo, con in testa l’Olandese Aniek Van Koot. Per quanto riguarda casa nostra, invece, nel settore maschile, é certa la presenza del pluricampione Nazionale Fabian Mazzei, ovviamente in compagnia di tutti i più forti rappresentanti della Penisola, compreso il giovanissimo Luca Arca e lo stesso Alberto Corradi, recente campione nazionale indoor. In quello femminile, brillerà la stella della leader indiscussa del tennis Italiano in carrozzina, la Ploaghese Marianna Lauro. La giocatrice è la prima azzurra nella storia a essersi qualificata per le Paralimpiadi di Pechino e di Londra, ma é anche vincitrice di ben nove titoli tricolori consecutivi, oltre a numerosi tornei Internazionali.
Questi i numeri, in estrema sintesi, di un torneo che calamiterà oltre cinquemila persone nell’impianto tennistico di Maria Pia, per l’intero arco della sua durata. Numeri importanti, indiscutibili, che raccontano molto bene il successo sportivo della manifestazione in programma, ma che non ci spiegano nulla sul come sia stato possibile portarla a questo livello, in così pochi anni. Per capirlo, bisogna andare a vedere di persona. Lasciare a casa quell’atteggiamento di involontaria sufficienza nei confronti di chi si cimenta in una competizione sportiva su di una carrozzina e varcare il cancello di Maria Pia. Non serve nemmeno portarsi dietro un po’ di tenera compassione, perchè non ce n’è bisogno. Lo feci anch’io, qualche anno fa. Io, normodotato; che se prendo un raffreddore, vedo già la vita in bianco e nero; che se ho mal di testa, è meglio che non ti azzardi a rivolgermi la parola; che se per una storta, devo zoppicare qualche giorno, mi sento già un uomo finito; io, una volta là dentro, dopo un solo minuto avevo già perso tutte le mie certezze. Intorno a me uomini e donne di ogni età che sui loro piccoli bolidi, mi apparivano come giganti. Persone “diversamente abili”, che prima ancora di essere sportivi e tennisti di assoluto valore, avevano imparato ad essere uomini che non si arrendono mai. Diversamente abili, perciò, ad affrontare e superare qualsiasi difficoltà della vita. Diversamente abili a saper trasformare ogni difetto in virtù. Diversamente abili a capire che non sono gli arti a fare grande un uomo, ma il suo cuore, la sua tempra ed il suo animo. Andai via con un velo di mestizia, per essermi scoperto così piccolo davanti a tanta grandezza. Ma da quella volta, non mi meraviglio più per il successo di questo torneo. Un torneo popolato da uomini spesso minuti all’apparenza, che si muovono su due ruote, ma che più di altri hanno capito che l’ unico limite capace di fermarci, è quello che noi stessi ci imponiamo.