Corallo: c’è il marchio, ma i corallari sono a rischio “estinzione”

«I sommozzatori sono costretti a lavorare con tecnologie obsolete, rischiosissime e impossibilitati ad operare in sicurezza».

In una lettera inviata a varie sedi istituzionali sia italiane che estere, l’Associazione Italiana Sommozzatori Corallari (AISC) chiede attenzione sulla possibilità di sperimentazione e utilizzo dei veicoli filoguidati (ROV) per la pesca del corallo.

«Dal 2011 e a seguito recepimento nostra istanza, il GFCM, organismo della FAO, ha emanato precise raccomandazioni ma, a causa di pregiudizi ingiustificati e ingiustificabili, la Regione Sardegna non le ha mai attuate, nonostante il nostro supporto offerto gratuitamente» dice Massimo Ciliberto, presidente dell’associazione.

«La nostra legittima preoccupazione è che a causa dell’assoluto disinteresse alla tematica da parte sia della politica che delle istituzioni preposte, per i pochissimi operatori rimasti resta la sorte dell’estinzione, con buona pace per chi investe nel Marchio di Alghero per il corallo, per i commercianti del prodotto finito, per l’immagine stessa della Città di Alghero».

Nella lettera si legge che «il divieto di utilizzo del ROV anche solo per la ricerca e prospezione a far data dal 1/01/2016, è gravemente pregiudizievole per il proseguo di un’attività svolta sinora alla “cieca”, immotivato poiché non è stata eseguita alcuna campagna di raccolta scientifica sperimentale (da noi più volte ufficialmente richiesta) che ne possa giustificare la definitiva preclusione all’utilizzo».

E ancora: «Nel frattempo la pesca illegale di frodo (a causa dell’elevato valore economico della specie) si è moltiplicata in tutto il Mediterraneo ( es. Algeria), dove molti pescatori hanno convertito l’attività illegalmente».

«Attualmente e con le metodologie di lavoro sinora praticate, i sommozzatori sono costretti a lavorare con tecnlogie obsolete, rischiosissime e impossibilitati ad operare in sicurezza, se non a fronte di costi insostenibili per l’economia del comparto».

Conclude l’AISC: «La nostra categoria di pescatori di corallo ha oggi l’opportunità di convertirsi da “funamboli spericolati” del mare in tecnici, in linea con il progresso che la tecnologia moderna ci consente, con la messa in pratica di una raccolta etica e selettiva del corallo che alcuna tecnica ha sinora consentito».

16 Febbraio 2016