“A proposito delle discussioni sui lavori avviati a Punta Giglio”
L'opinionedi Vittorio Guillot
A proposito delle accese discussioni sui lavori avviati a Punta Giglio, personalmente penso che esso e le mobilitazioni popolari siano utilissimi se si intende sensibilizzare la popolazione e le pubbliche autorità riguardo a provvedimenti che devono ancora essere adottati. Quando un provvedimento è in corso di adozione o, come si dice in burocratichese, è in corso di istruttoria, è possibile fare una opposizione che ha senso e può ottenere dei risultati positivi se è attuata secondo i tempi e le modalità previste dalla legge. In questa fase le Associazioni Ambientaliste possono giocare una carta molto importante. Se tale opposizione non viene presentata nei tempi e nei modi previsti e la autorizzazione o la concessione viene legittimamente rilasciata, le mobilitazioni popolari, invece, lasciano il tempo che trovano e, ahimè, non servono a niente e si riducono ad una mostruosa presa in giro. Da una lettura, forse frettolosa, mi pare che il Decreto RAS 55 del 30/7/2008 sul piano di gestione del SIC Capo Caccia al punto A.12, oppure le linee guida, sempre RAS, per la redazione dei piani di gestione SIC /ZPS del febbraio 2012. prescrivono solo quali enti/associazioni debbano partecipare alla Valutazione Ambientale Strategica ed indicano quali siano le aree da tutelare. Partecipazione di cui non si discute e che, quindi, mi pare che sia stata regolarmente effettuata. Non mi pare però, che le disposizioni regionali che ho citato prescrivano tassativamente che, successivamente alla formulazione della VAS, la pubblica amministrazione sia obbligata ad interpellare il consiglio comunale o le associazioni ambientaliste in occasione di ogni singola richiesta di licenze/autorizzazioni/concessioni. Non so se, nel caso di punta Giglio, le opposizioni di cui ho parlato siano state fatte per tempo. Se così non fosse, mi chiedo: dove erano le Associazioni Ambientaliste ed i vari comitati quando furono presentate le richieste di concessione ed autorizzazione? Serve a qualcosa agitarsi oggi?
Mi chiedo, cioè, se le Associazioni Ambientaliste si siano mosse quando la loro azione avrebbe potuto ottenere dei risultati positivi o se, invece, si vuole chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Perché è noto che è possibile opporsi validamente contro i provvedimenti amministrativi che ledono gli interessi pubblici o privati entro un certo periodo di tempo dalla pubblicazione dell’avvio del procedimento nei siti e secondo le modalità previste dalla legge. Non servono assolutamente a niente altro che a fare un po’ di baldoria, invece, le battaglie tardive, ossia condotte quando chi ha fatto la richiesta di autorizzazione ha acquisito e consolidato il diritto ad effettuare certi lavori e, magari, vi ha legittimamente investito dei consistenti capitali. Non so quale sia nel nostro caso, l’Ente preposto al rilascio della autorizzazione. Le Associazioni Ambientaliste, però, DEVONO saperlo, così come devono sapere come, dove, quando ed in che modo può essere proposta l’opposizione. E’ chiaro che il singolo cittadino, me compreso, difficilmente legge i siti ufficialmente destinati alle pubblicazioni. Spesso non sa neppure cosa siano. Le Associazioni Ambientaliste, invece, se effettivamente intendono difendere gli interessi diffusi, DEVONO leggerli. In caso contrario non potrebbero svolgere la loro funzione di reale difesa di quegli interessi. Perciò la concreta opposizione ai provvedimenti amministrativi si fa prendendo carta e penna, scrivendone le motivazioni ed inviandola all ‘Ente che ha istruito il provvedimento con raccomandata r.r. ovvero con posta E-mail PEC o, in ultima analisi, consegnandola all’ufficio protocollo e ricevendo la copia protocollata.
Il covid non ha impedito proprio per niente questa iniziativa. In poche parole, la ferma contrarietà e le manifestazioni di protesta, molto utili per smuovere l’opinione pubblica e la attenzione delle autorità, sono sterili se non vengono rispettate le formalità previste. Inoltre, chi oggi vuole l’interruzione dei lavori, si rende anche conto che un simile provvedimento, nel caso che fosse legalmente ingiustificato, esporrebbe la amministrazione al rischio fondatissimo di dover risarcire i danni a chi fosse obbligato ad interrompere quelle opere? Opere che, comunque, verrebbero successivamente portate a termine. Insomma, anche in politica un po’ di serietà non farebbe certo male! Aggiungo che se la pubblica amministrazione fosse condannata a risarcire i danni e le spese giudiziarie -leggasi soprattutto ‘parcelle degli avvocati’-, l’amministratore che si fosse azzardato a disporre illegalmente l’interruzione delle opere potrebbe essere condannato per abuso di potere e dovrebbe rifondere di tasca sua il ‘danno erariale’ causato alla amministrazione. Inoltre se le autorizzazioni/concessioni , benché rilasciate legittimamente, venissero revocate solo perché si fanno delle manifestazioni contrarie, si farebbe alla città un danno superiore a quello provocato da una orribile costruzione. Chi, infatti, si fiderebbe di avviare una attività qualsiasi e di investire i suoi sudati risparmi se corresse il rischio di vedere bruciato il suo impegno a causa di qualche dimostrazione di protesta? Credete veramente che una simile incertezza del diritto favorirebbe la lotta alla disoccupazione e la crescita della città? Ci rendiamo conto che proprio la incertezza del diritto, che affligge l’Italia per la lunghezza delle cause civili, disincentiva gli investimenti al punto che la UE ha condizionato l’erogazione del Recovery Fund ad una riforma della amministrazione giustizia?
Certo, anche le Associazioni Ambientaliste possono chiedere la modifica dei regolamenti del parco. Modifiche che, però, entrerebbero in vigore solo dopo la loro approvazione ma che non possono riguardare le situazioni disciplinate dal vecchio regolamento. Le nuove norme, cioè, non possono essere retroattive, pena la certezza del diritto e le conseguenze negative a cui ho già fatto cenno. Mi chiedo, a questo punto, se le Associazioni Ambientaliste si sono opposte a quel progetto adottando le previste iniziative nei modi e nei tempi stabiliti dalle norme. Queste, infatti, sono le uniche attività che possono raggiungere dei risultati concreti. A proposito, cosa avrei fatto a Punta Giglio? Avrei Lasciato sostanzialmente le cose come stavano, senza alterare né i fabbricati né l’ambiente naturale circostante. Avrei restaurato la casermetta, comprese le scritte ed i graffiti tracciati dai soldati, ci avrei messo delle bacheche con foto del periodo bellico, con didascalie che illustranti l’ambiente naturale e la storia del sito. Gli escursionisti sarebbero dovuti salire a piedi o, soprattutto se anziani e disabili, con ‘navette’ di proprietà dell’ente- parco o di privati, previo pagamento di un modesto biglietto. Stop. I ristorantini, le docce, le piscine e gli alberghetti li avrei fatti costruire da tutt’altra parte, forse a Maristella e, magari, avrei fatto un pensierino sulla possibilità di adeguare alla necessità l’Ostello della gioventù di Fertilia.