Le contaminazioni di Nina Trudu
Sarà l’atmosfera di Natale, ma queste contaminazioni sono veri e propri contagi. E quando si attraversa la via catalogna, non rifugiarsi in un angolo di fantasia è un maltolto al Peter Pan che c’è in noi. Sembra quasi di sentire l’eco di quelle figurine da fiaba, colorate e giocose, che ti catturano invitandoti ad entrare nel loro mondo. Armonie di colori e stile da vecchio cartone animato, espressioni appena accennate ma così immediate che quasi ti sollecitano il sorriso. Lei è uno di loro. Credo che in ognuna di queste figure ci sia un attimo di lei, di quel sorriso che sembra disegnato sul suo viso anche quando non è suscitato da situazione alcuna. Nina Trudu è una di quelle artiste che non hanno doppioni. Una sua tela la riconosceresti fra milioni, senza indugio. Fosse solo per i colori che lei ama testare su di se, fosse ancora per le forme infantili delle sue figure, che sembra ricalchino il suo viso, così delicato e fanciullesco, che mai svelerebbe l’età, seppur giovane e fresco il suo incarnato. I personaggi di Nina non sono sempre felici; a volte da quegli occhioni enormi vedi quasi il languido delle ciglia che trascina una lacrima, ma tutto è sempre sottocontrollo, c’è sempre una forma di positività e protezione. Ora è una mamma che tiene per mano la sua bambina, poi i compagni di giochi, anche una lunga treccia che si è spezzata ma che legherà per sempre le due anime. Se non fosse per le dimensioni delle tele cosi piccole, cascare nell’inganno di tendere la mano, sarebbe desiderio dei più arditi. Contaminazioni? Se realmente le figurine di Nina Trudu potessero contaminare il nostro animo, riempiremo grandi valige di sogni da portare a casa.