Armi dalla Siria: arriveranno a Gioia Tauro
Dovrebbe essere Gioia Tauro il porto italiano in cui transiteranno le armi chimiche del regime siriano avviate alla dismissione in virtù degli accordi di disarmo internazionale.
Dopo settimane di segreti e silenzi che regnavano presso le istituzioni civili e militari, sembra ormai certa la scelta del porto calabrese di Gioia Tauro per accogliere i 1.500 container contenenti le armi chimiche di Assad trasportati sulle due navi cargo Taiko e Ark Futura partite giorni fa dal porto siriano di Latakia. La conferma arriva anche dalla grande agitazione che sta montando in queste ore nel porto di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria dove la notizia è arrivata ai lavoratori marittimi. Quest’oggi, intorno alle 14, il Ministro degli Esteri Emma Bonino comunicherà ufficialmente la scelta del porto in occasione dell’audizione al Parlamento di un rappresentante dell’OPAC, l’agenzia internazionale per il divieto delle armi chimiche che supervisione l’intera operazione in collaborazione con l’ONU.
Si apprende da fonti militari che la scelta sarebbe caduta su Gioia Tauro in quanto ritenuta una location particolarmente “tranquilla” sotto il profilo dell’ordine pubblico. Pare infatti che la principale preoccupazione delle autorità militari riguarderebbe il pericolo di contestazioni ed eventuali azioni di disturbo delle operazioni da parte dei movimenti pacifisti. Il porto reggino infatti sarebbe stato preferito ad altre località definite più “calde” come Livorno o Taranto. Per ogni evenienza le autorità militari sembrano aver individuato anche una soluzione alternativa a Gioia Tauro che dovrebbe essere il porto siciliano di Augusta, in provincia di Siracusa. Per le autorità invece sono pochi i timori legati ad incidenti nelle operazioni di trasbordo delle armi chimiche. Non è chiaro se oggi, dopo l’annuncio ufficiale da parte del Ministro degli Esteri Emma Bonino, si conosceranno anche le eventuali misure di sicurezza che saranno adottate dalle autorità italiane in materia di tutela dell’ambiente e sicurezza dei cittadini. L’operazione resta infatti senza precedenti nel bacino del Mediterraneo e per ritrovare un carico di armi di questo tipo in transito dai porti italiani bisogna andare indietro alla guerra del Vietnam ed all’agente orange.
Intanto anche l’Inghilterra entra nell’operazione. Nella giornata di ieri, come riportano i tabloid inglesi, il Ministro degli Esteri del Regno Unito William Hague ha annunciato che la marina di sua maestà supporterà l’operazione nel Mediterraneo inviando la nave da guerra HMS Montrose. Ad accompagnare la Taiko e la Ark Futura ci sono già navi militari di Russia, Cina, Norvegia e Danimarca. I tempi dell’operazione sono tutt’altro che certi. Non è detto che l’arrivo delle navi a Gioia Tauro sia contestuale all’annuncio da parte del governo, tutt’altro. La nave su cui dovranno essere trasbordate le armi, della marina militare Usa Cape Ray, dotata delle apparecchiature per l’idrolisi, processo chimico con cui verranno distrutte le armi siriane, non arriverà nelle acque italiane prima della fine del mese di gennaio. Pertanto semmai giungessero nel porto italiano la Taiko e la Ark Futura nei prossimi giorni, bisognerà attendere l’arrivo della Cape Ray dagli Usa. Nelle parole espresse dal Ministro degli Esteri Emma Bonino domenica scorsa a Parigi a margine dell’incontro con il gruppo internazionale “Amici della Siria”, il governo italiano avrebbe dato la disponibilità di un porto per “ospitare” le navi per “alcune ore”. Non è dunque chiaro se le operazioni di trasbordo delle armi avverranno in porto oppure in mare aperto trasformando dunque la sosta della Taiko e della Ark Futura in uno scalo tecnico.
Dubbi e domande a cui si spera possa dare risposta il direttore generale dell’OPAC il turco Ahmet Uzumcu la cui presenza è annunciata alla conferenza stampa di questo pomeriggio con il ministro Bonino. L’OPAC, pur non essendo un’agenzia dell’Onu, collabora con il palazzo di vetro sia politicamente che materialmente. Un lavoro di complessi equilibri internazionali che sono valsi all’organizzazione il premio Nobel per la pace nel 2013. Eppure c’è da riflettere su come, in virtù di complessi equilibri su cui si regge il lavoro dell’OPAC, l’Italia sia stato scelto come paese più “docile” dove effettuare un’operazione militare dai grandi rischi. Resta da comprendere inoltre in quale specchio d’acqua avverranno le operazioni di distruzione definitiva delle armi a bordo della Cape Ray. I poligoni militari marini al largo delle coste della Sardegna potrebbero essere il luogo prescelto per la parte finale dell’operazione nonostante le vibranti proteste del governatore sardo Ugo Cappellacci. E tra sei mesi si replica con un nuovo carico.
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