Django Unchained irrompe al Miramare
Per chi non l’avesse ancora capito il film di Tarantino è un film che parla di razzismo, ma in modo ironico e particolare, intriso di vendetta e di quel linguaggio cinematografico che il regista ci ha da tempo abituato ad assimilare. E in ben 165 minuti di pellicola lo spettatore ha tutto il tempo di godere delle splendide scene e dei dialoghi a tratti incredibilmente esilaranti dei protagonisti, di restare stupiti dall’interpretazione di Leonardo Di Caprio che impersona magistralmente il cattivo Calvin Candie e di Christoph Waltz vero fulcro dell’intera pellicola con un personaggio, quel Dr. Schultz cacciatore di taglie, che si dimostra una rivelazione scoppiettante durante le tre ore di spettacolo.
La storia è semplice. Il cacciatore di taglie Schultz acquista dagli schiavisti Django, ma gli offre la liberta solo ad un patto: un aiuto concreto nella ricerca dei fratelli Brittle, delinquenti ricercati da tempo. Django si addestra con particolare intensità e alla fine confessa al suo liberatore il vero scopo che lo fa andare avanti: ritrovare sua mogli Broomhilda, anch’essa fatta schiava e venduta a qualche proprietario terriero per lavorare nelle piantagioni. L’intero racconto è uno spaccato di storia americana, quando 150 anni fa l’intera economia degli stati confederati del sud si basava sullo schiavismo e al quale non si poteva rinunciare, pena la fine di un mondo che basava negli schiavi e nel loro lavoro la propria fortuna. Schultz e Django nelle loro scorribande distribuiranno violenza e spargimenti di sangue esagerati, proprio “alla Tarantino”, così giganteschi da renderli ridicoli e quindi meno angoscianti di quanto potrebbe sembrare. Per finire ricordiamo l’omaggio al “Django” girato da Sergio Corbucci nel 1966 con una breve apparizione di Franco Nero che, nel mitico spaghetti-western” fu l’assoluto protagonista.