Sanremo, stasera la finale. I migliori? Cristicchi e Elio e le Storie Tese
La 63esima edizione del Festival di Sanremo si presenta in una nuova veste. Innanzitutto la scelta di far gareggiare i big con due brani, dando la possibilità al pubblico di votare il “migliore” destinato alla gara vera e propria. Una novità che ha avuto sicuramente il merito di aver coinvolto maggiormente i telespettatori/ascoltatori durante l’esibizione degli artisti.
Un’altra caratteristica di questa edizione è la “freschezza”, ossia la presenza, assieme ai grandi nomi della musica italiana quali Elio e le Storie Tese, Max Gazzè, Daniele Silvestri, di nuovi e giovani talenti come Gualazzi, Marta sui Tubi o Annalisa, solo per citarne alcuni. Ovviamente, la presenza di una schiera così vasta di giovani in gara, ha contributo ad aumentare il numero di ragazzi che seguono il Festival, diversificando parecchio il pubblico. Un aspetto che forse negli ultimi anni si stava perdendo.
Ascoltando i vari brani in gara ho avuto l’impressione che ci sia stato un ritorno da parte di tutti al vecchio stile della “canzone italiana”, quasi come se si volessero riscoprire quei vecchi swing e quelle ballate melodiche, per allietare la mente con i ricordi di un’epoca magica, in un periodo tanto critico per il nostro paese. Ne sono un esempio canzoni come quella di Annalisa, Gazzè, Gualazzi, Mengoni, Simona Molinari con Peter Cincotti, che ci riportano a delle sonorità gradevolmente retrò.
Eppure, il brano che mi ha colpito ed emozionato di più è stato “La prima volta (che sono morto)” di Simone Cristicchi. Ad una musica ed un’armonia dal gusto anni ’50 – ’60, molto piacevole all’ascolto, si accompagna un testo profondo, in cui viene trattato il tema della morte in maniera piuttosto ironica, ripercorrendo la storia di un individuo che racconta la sua esperienza ultraterrena in modo fiabesco, narrando delle sue passeggiate per l’aldilà, dove tra i vari personaggi come Pertini, Chaplin e Pasolini, incontra anche suo nonno.
È assolutamente significativo il pezzo in cui si dice: “Ieri per caso ho incontrato mio nonno che un tempo ha fatto il partigiano. Mi ha chiesto: “l’avete cambiato il mondo?”. Nonno, dai, lascia stare…ti offro un gelato…”. Una frase densa e carica, che fa riflettere, nella sua semplicità. Non da meno il finale della canzone in cui si dice: “Quante cose avrei voluto fare che non ho fatto… Parlare di più con mio figlio… Girare il mondo con mia moglie… Lasciare quel posto alla Regione e vivere finalmente su un’isola… Eh vabbè sarà per la prossima volta”. Un modo molto delicato ma diretto di parlare della vita e del suo grande valore.
Il brano migliore a livello tecnico esecutivo è stato invece “La canzone mononota” di Elio e le Storie Tese. Il gruppo ha mostrato di nuovo, dopo 17 anni di assenza dal palco dell’Ariston, l’alto livello musicale, eseguendo un brano tecnicamente complicatissimo, magistralmente legato ad un testo pungente e divertente al tempo stesso. Il tutto accompagnato da un’esibizione degna della fama degli Elii, irriverente e goliardica, vero marchio di fabbrica della Band.