Enrico Ghezzi all’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi”
Il critico è stato ospite nell'Aula Magna dell'Accademia delle Belle Arti a Sassari in compagnia del direttore Antonio Bisaccia e del docente di estetica Anselme Jappe, che hanno introdotto l'evento con due discorsi in apertura.
«Il cinema è la realtà che si lascia vedere nella sua ripetizione. Il cinema non ha dimensioni, è una dimensione. Il cinema è una breve scomparsa della morte stessa». Enrico Ghezzi parte da lontano, dagli albori dell’arte visiva e in movimento, da quell’espressione messa a punto oltre un secolo fa dai primi cineasti consegnati alla storia, i fratelli Lumiére, coi quali parte citando due tra le loro inquadrature più celebri e rappresentative: l’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat e l’uscita dalla fabbrica, entrambe raffiguranti l’essenza della vita stessa. Un cammino, quello illustrato da Ghezzi, ripercorso stamane nell’Aula Magna dell’Accademia delle Belle Arti, dove il critico è stato ospite in compagnia del direttore Antonio Bisaccia e del docente di estetica Anselme Jappe, che hanno introdotto l’evento con due discorsi in apertura.
L’ideatore di “Fuori Orario”, presentato proprio da Bisaccia come un non critico: «Il critico di solito – nella migliore delle ipotesi- assume una distanza per esercitare appunto un ‘giudizio’, seguendo ciò che i suoi paradigmi critici gli permettono di vedere e descrivere. Ghezzi invece accorcia a tal punto la distanza tra la “cosa” e il “detto” o “non detto”sulla cosa che la descrizione (per fortuna) lascia il campo alla “distrazione” ovvero all’etimo alla disgiunzione, alla separazione» dice il direttore Bisaccia aprendo la presentazione. Ghezzi ha spaziato tra i più grandi interpreti della cinematografia che ne hanno segnato la storia in maniera tangibile, da Orson Welles al padre della scenggiatura Davin Wark Griffith, passando per Stanley Kubrick e Franz Kafka, le cui opere furono d’ispirazione per registi come Fellini e lo stesso Welles.
“120 istanti di cinema, l’automa liberato. Fear and Desire” è stato, fotogramma dopo fotogramma, una testimonianza appassionata raccontata attraverso le immagini della pellicola, ma anche della stessa televisione, le cui immagini secondo Ghezzi rappresentano un cinema in divenire, una settima arte applicata ciclicamente alla quotidianità. Il numeroso pubblico accorso in Aula Magna ha potuto anche assistere a una disamina sul cinema delle occasioni perse, il cinema come vicolo cieco e ancora ben lontano dallo sfruttare tutto il suo potenziale, proiettato verso una funzionalità che si manifesti al di là del ruolo di semplice garante dello spettacolo.
Un excursus storico incredibile dotto e e di certo anomalo, quello di Ghezzi che è riuscito, a raccontare in maniera del tutto personale la grande macchina della “settima arte”. Ma per Ghezzi anche le immagini della televisione sono un “cinema” in divenire la cui forma non è possibile descrivere perché ancora in “atto”. Una delle sue creature “Blob” lo dimostra ogni sera su Rai3. Già dal titolo, Paura e Desiderio, che è anche un omaggio a Stanley Kubrick, Ghezzi ha condotto un viaggio nell’universo veramente apolide del cinema e delle sue inesplorate possibilità. Senza paura però, ma con grande desiderio di continuare a scoprire e raccontare.
Ghezzi, non ha deluso le attese di chi ama il cinema e la sua storia: «E’ stato un momento di grande intensità culturale – ha detto il direttore dell’Accademia, Antonio Bisaccia – con un dis-narratore che guarda sempre il cinema con la lente del mix appeal del paradosso . Un confronto continuo dedicato ai nostri studenti, ma non solo, per arricchire il dibattito e la ricerca in città. Per stimolare il confronto partendo da visioni ospiti nel giardino acrobatico dei grandi pensieri di Ghezzi, che dà corpo e voce a vere e proprie deflagrazioni di senso in grado di distoglierci dal sonno coatto della televisione.»