Con l’entrata in guerra nel 1915 oltre centomila sardi lasciarono le famiglie per servire la Patria
Dei militari sardi inviati nelle trincee fiulane e tremtine oltre tredici mila non poterono ritornare in Sardegna e riabbracciare i propri familiari.
Con l’ingresso dell’Italia in guerra nel 1915, tanti sardi lasciarono le proprie case e terreni, forse per la prima volta, per affrontare le battaglie nelle trincee friulane e trentine. Oltre 13 mila dei centomila uomini mobilitati nell’Isola, non tornarono più. Lettere, diari, fotografie, cartoline, telegrammi, mostrine, medaglie raccontano e fanno rivivere, a cento anni di distanza, quella storia e le tante storie di coloro che furono i protagonisti di tale evento epocale. Immaginatevi che la corrispondenza de “Sa gherra 1915-1918” dal fronte e dalle case dei parenti dei giovani che erano in trincea ha portato ad un giro di corrispondenza fitta tale da raggiungere un giro valutabile in 5 miliardi (lettere, diari, cartoline, telegrammi ecc. ecc.)!
Solo che chi stava in trincea più volte non chiedevano lettere o cartoline ma generi di prima necessità specialmente generi alimentari. Pensate un po’ che in questa “Grande Guerra” i giovani appena diciassetteni o diciottenni, avendo lasciato non solo le loro case ma anche le loro compagne, toccava alle donne e madri di famiglia attendere a tutto nella gestione familiare. Da non sottovalutare anche l’alto grado di analfabetismo che imperava. C’è un libro che meglio di altri racconta la follia e la violenza della Grande Guerra, quella combattuta in trincea dagli uomini della Brigata Sassari: è “Un anno sull’Altopiano”. Il tempo trascorso, tra il 1916 ed il 1917, dal giovane capitano Emilio Lussu con i suoi reggimenti sulle alture di Asiago, a fronteggiare i nemici austriaci, sotto la guida di comandanti impreparati e presuntuosi come il generale Leone, incapaci di rendersi conto dei propri errori e pronti a sacrificare migliaia di vite umane pur di conquistare pochi palmi di terreno.
Il tributo più alto, purtroppo, lo pagarono i sardi, gli impavidi e coraggiosi “Sassarini” quelli che urlavano “Forza paris dimonios” quelli morti guardando in faccia il nemico. La Brigata Sassari nacque in concomitanza con la Iª Guerra Mondiale come brigata regionale, interamente composta da fanti e ufficiali sardi. Fu un momento esaltante ma anche profondamente doloroso. Dopo Caporetto, la Brigata combatté sul Piave per fermare le truppe austriache. Nelle diverse azioni il numero delle vittime fu altissimo (2.164 morti, 12.858 tra feriti e dispersi. Il 3% in più rispetto alle altre Brigate. Per questo immane sacrificio è stata insignita di onori militari e nove medaglie d’oro.
Riconoscimenti che non impedirono ad un acceso interventista come Lussu di raccontare con penna fredda, pudica e austera, la vita al fronte e quella guerra combattuta in Veneto, fatta di resistenza e di inaudita violenza, dove una giovane generazione di pastori, contadini e laureati veniva mandata allo sbaraglio. Una persona che insieme a Lussu non deve essere dimenticata è il pluridecorato Gen. Musinu. Qui termina la prima parte dedicata alla Prima Grande Guerra, nella seconda parte ritornerò su questo argomento per stigmatizzare le varie iniziative intraprese dalle varie Associazioni Culturali algheresi con il supporto della META e del Comune, per celebrare storicamente il centenario dell’entrata ufficiale nella Grande Guerra 1915-1918.