Orgoglioso di essere algherese, di parlare e difendere la lingua deh meus pares
L'opinione di Giancarlo Ballone
Alcuni anni fa una gentile signora rispose alla domanda di un giornalista su qualcosa che mi tormentava da sempre e di cui non ho mai parlato agli amici o conoscenti per il timore di essere tacciato di fanatismo. La domanda alla signora tendeva conoscere quale fosse la sua lingua madre. Senza indugio l’interrogata rispose che era il sardo, la lingua che le insegnaronoi suoi genitori. Poi seppi che la signora era una professoressa. Da quella volta la mia convinzione si rinforzò, non nascosi più a nessuno il mio sentimento, cioè, che la mia lingua, la lingua deh meus pares è l’algherese, una delle varianti del catalano. Dove è che sbaglio quando esterno questo mio pensiero?
Molti ironizzano su chi si sente come me algherese di tante generazioni. I miei amici, conoscenti, molti nativi o figli di persone nate in altri paesi della Sardegna mi dicono che Alghero è in Sardegna e che pertanto mi dovrei sentire sardo. È inutile dire che non parlo il sardo, non lo capisco e che mi sentirei un ipocrita ad ammettere il loro ragionamento, però mi riesce difficile farmi capire: è come spiegare perché in Portogallo non parlano lo spagnolo o gli spagnoli non parlano francese.
Molte persone che leggeranno questo pensiero diranno che siamo in un mondo globalizzato (parola che io non amo particolarmente ) e che sarebbe ora di finirla con il passato; ma cosa rimarrebbe di noi senza la nostra storia e senza tutto quello che ci hanno lasciato i nostri avi? I grandi viaggiatori dell’Ottocento e Novecento hanno fatto conoscere il mondo e le genti che lo costituiscono raccontando delle tradizioni di ogni paese e informandoci sulla lingua usata dalle diverse etnie.
Anche Alghero fu conosciuta grazie ai grandi viaggiatori che fecero sapere che nella mia città si parlava un idioma diverso da tutto il resto della Sardegna, che nulla aveva a che fare con la lingua sarda e che questo idioma era un dialetto catalano. Perché devo rinnegare ciò che sento nel mio animo e non esternarlo? Certamente questa lettera, se l’avesse scritta un intellettuale, sarebbe stata impostata meglio, mi rammarico di non essere al loro livello di cultura. Molte personalità colte algheresi vorrebbero scrivere quello che pensano e sentono come me, ma pochi hanno espresso il loro pensiero chiaramente. Non mi basta più che scrivano poesie o racconti, pensando, con un po’ di presunzione, che un giorno verranno ricordati per questo, vorrei sentire da loro quello che pensano e cioè sentirli affermare: siamo di tradizioni e di lingua Catalana.
Vorrei che si comportassero come alcuni intellettuali sardi che scrivono sulla loro Sardità con coraggio, senza il timore di essere criticati da chi non la pensa come loro. Un giorno forse sentiranno il bisogno di esternarlo a tutti ed io aspetto con impazienza quel giorno con altre migliaia di algheresi. Allora diremo loro Grazie per essersi esposti, per volerci far sentire orgogliosi della nostra identità. Però bisogna far presto prima che sia troppo tardi, perché purtroppo sono tanti che pensano che la nostra lingua non debba essere considerata un patrimonio da salvaguardare.
Oltre alle persone invidiose della nostra identità, contribuiscono ad umiliare la nostra cultura, a volte, anche le istituzioni come testimonia con un esempio evidente l’uscita poco felice, forse dettata dall’ignoranza, dell’assessore alla cultura della regione sarda, che dichiarò che l’algherese è una variante del sardo. Ma vés i compiafìns a deu printer de parlar!