Il riposo del “Leone”: Antonello Masia saluta l’Arma dei Carabinieri
Dopo trentasette anni passati nell’Arma, per il brigadiere capo Antonello Masia – conosciuto da tutti come “Leone” – è arrivato il momento del congedo.
Trentasette anni passati nell’Arma e per il brigadiere capo Antonello Masia (conosciuto da tutti come “Leone”) giovedì 1° luglio è stato l’ultimo giorno di servizio attivo insieme ai suoi colleghi del Nucleo Operativo di Alghero. Dopo una vita passata nella “Benemerita” è giunto il momento della meritata pensione o meglio del collocamento in congedo come si dovrebbe opportunamente dire.
Nei 37 anni con la divisa cucita sulla pelle, “svezzato” e cresciuto nella sezione “omicidi” dell’anticrimine di Genova; ha iniziato la sua carriera nei pericolosi anni di piombo, in prima linea sul fronte dell’antiterrorismo. Nel corso della sua permanenza nella Legione di Genova il brigadiere capo ha svolto diversi incarichi, collaborando nelle più delicate indagine, ultima delle quali, prima di ottenere il trasferimento per la Sardegna, l’indagine riguardante il drammatico “caso Bilancia”, annoverato tra i più feroci casi di serial killer italiani: 17 delitti senza apparente motivo che ha segnato un lungo periodo di orrore, paura e morte nella regione Liguria.
Alla fine degli anni ’90 arriva il trasferimento per la Compagnia Carabinieri di Ozieri dove ricopre l’incarico di capo equipaggio Radiomobile in un reparto appena segnato dalla “strage di Chilivani”.
Nel 1999 viene inserito nella squadra antidroga del Reparto Operativo dei Carabinieri di Sassari dove partecipa ad importanti operazioni antidroga fra le quali l’operazione “Underground” e l’operazione “Harem” conclusesi con l’arresto di quaranta persone per traffico di droga.
Dal 2003 “Leone” fa parte del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Alghero, altri 15 anni in prima linea a servizio della gente.
«Ho amato molto il mio lavoro – racconta – e ho dedicato molto tempo all’Arma, notte e giorno, sottraendolo però alla mia famiglia. Ora vorrei dedicarmi solo a mia moglie e ai miei tre figli, che in tutti questi anni mi sono sempre stati vicini e non si sono lamentati, anzi, mi hanno sempre sostenuto».
Del suo incarico ha sempre amato il contatto con le persone, il poterle ascoltare e aiutare, anche se non nasconde che alcune vicende di cui si è occupato nella sua attività investigativa, come quella che riguarda la scomparsa del giovane poeta algherese Luca Scognamillo, lo hanno profondamente colpito. Storie tristi che lo inseguiranno anche in pensione nelle aule del tribunale, perché il servizio nell’Arma in realtà non cessa mai, gli alamari rimarranno sempre cuciti sulla pelle e “Leone” la fiamma a tredici punte, a fine carriera, se l’è voluta tatuare perché niente rimane alle spalle.