PortoVesme trema: non ci sono garanzie. Klesch non convince
Arrivano cattive notizie da Roma. Gli operai Alcoa vedono sfumare la speranza. La Klesch, la multinazionale che avrebbe dovuto rilevare Alcoa non ha le garanzie sufficienti e l’accordo potrebbe saltare. La tensione si fa alle stelle, la situazione è destinata a peggiorare anche se l’Alcoa ha dicvhiarato che comunque vadano le cose prolungherà il sostentamento dell’Azienda fino al 2014, in attesa che si possa ristabilire un dialogo sia con la Klesch stessa sia con un’altra multinazionale che possieda i numeri per garantire il benessere dell’Azienda e dei lavoratori. Sono ore di fuoco queste che vedono andare in fumo dialoghi serrati e confronti messi in campo da un anno a questa parte. C’è malcontento, disperazione e grande confuione anche se la partita ancora non è chiusa. Secondo quanto appreso da fonti sindacali, presenti oggi all’incontro convocato dai vertici del ministero per lo Sviluppo economico, la multinazionale conferma l’assenza di fiducia nella Klesch, colosso svizzero interessato all’acquisizione degli impianti, fermi dal novembre scorso.
Lo stabilimento di Portovesme è fermo da otto mesi. I lavoratori diretti in cassa integrazione sono 501, più 386 dell’ indotto. E l’acquirente, che sembrava ormai certo fosse la svizzera Klesch, sembra non dare sufficienti garanzie su occupazione e valorizzazione smelter (con lettera di credito come garanzia), e peraltro, non accetterebbe il pagamento a rate da parte del cedente (Alcoa) tanto che da maggio il negoziato si è interrotto”. Tra l’altro i lavoratori sono fermi, solo una trentina di essi si occupano del mantenimento dell’impianto per evitare il tracollo definitivo e fare in modo che in caso di riavvio tutto sia pronto, con qualsiasi azienda sia. E la sopravvivenza dello stesso stabilimento non è importante solamente per l’occupazione di 850 persone, ma lo è in quanto le ripercussioni sull’intero territorio in caso di dismissione del servizio sarebbe gravissimo e le ripercussioni sull’economia nazionale sarebbero devastanti. Ora si teme il peggio e cioè che la mobilitazione degli operai riparta incessante e che le rivendicazioni si facciano pesanti.