Il lungo letargo
Col ritorno all'orario solare, Alghero piomba nel buio profondo della stagione invernale. Strade desolate, negozi vuoti e aeroporto deserto.
In questi giorni, più che mai, mi andrebbe di scrivere per raccontarvi qualcosa di lieto. Per tanti motivi. Un po’ perché quando si ritorna all’orario solare, di colpo, realizziamo che l’estate è davvero finita. E per Alghero nel suo insieme, “Estate”, non significa solo caldo e giornate più lunghe, ma anche incontrare la vita dopo il letargo della lunga stagione invernale. Proprio quello, verso il quale, ora, ci prepariamo ad infilarci. Come le marmotte. Che, anzi, per la verità, ci precedono. Già verso Settembre, infatti, come le temperature d’alta quota prendono a scendere, iniziano a preparare la tana. Ci si rifugeranno, non appena il gelo della notte le costringerà a farlo. In genere già da metà Ottobre.
Sarebbe bello che, proprio come le marmotte, potessimo abbandonarci felici al lungo sonno invernale. Consapevoli di aver fatto il nostro dovere; di aver lavorato bene e salvaguardato i nostri figli. Loro fanno così. In primavera, quando si svegliano, per prima cosa, si preoccupano di procreare e allevare i piccoli. Immediatamente dopo, però, si dedicano ad ingrassare allegramente. Se ne occupano per tutto il periodo estivo, lavorando anche duro, ma solo per fare provvista di cibo. Sanno che mangiando più del necessario, accumuleranno grasso prezioso. Quello che gli servirà per sopravvivere nei mesi freddi. Per questo si addormentano tranquille e beate. Al contrario della comunità Algherese. Che, avrebbe voluto anch’essa, lavorare duro per accumulare riserve di “grasso”, ma che, purtroppo, non ha potuto.
Qualcuno, o qualcosa, glielo ha impedito. E non è facile capire se tutto questo sia dipeso dal “letargo” della politica attiva, che dura ormai da molti anni, o da un dannato “imbambolamento” di tutti noi. Resta il fatto che siamo in molti oramai a lamentarci sempre più pesantemente, per la situazione vissuta. E tranne rarissime eccezioni, senza un minimo di lucidità. Ci lamentiamo, perché realizziamo che non stiamo bene, ma invece di ragionare e cercar di capirne il perché, preferiamo accodarci a strumentalizzazioni politiche, fin troppo facili e banali. Quelle che, tanto per intenderci, quando c’è troppa aria in movimento, se la prendono con le pale dei mulini a vento. Senza vedere, o capire, che le pale girano in “conseguenza” del vento e pertanto, non possono essere il vero problema.
Da circa un anno, ormai, non passa giorno in cui qualcuno non senta il bisogno di diffondere il suo verbo. In genere, per incitare i cittadini a mobilitarsi nella salvaguardia dell’aeroporto. Peggio, invitandoci, addirittura, ad andare sotto casa della nota compagnia aerea low-cost, a pregarla di tornare. Tutto questo, in genere, è solo il pretesto per tacciare di incompetenza e inettitudine le varie attuali compagini governative. Dal Comune, alla Regione, ai Ministeri, ecc. “Mettere in cattiva luce gli altri, sperando di poter apparire più belli”. Questa sembra essere la ragion d’essere del momento. Un periodo tristemente problematico e confuso. Confuso a tal punto, da non capire che il nostro problema non è la dipartita del vettore low-cost, ma la mancanza di “continuità territoriale”.
Non è l’aeroporto; ma l’assenza di una programmazione turistica seria. Ed è su questi temi che bisognerebbe discutere. Su queste mancanze si dovrebbe richiamare la classe politica alle proprie responsabilità. Per, almeno, tutto l’ultimo ventennio. L’aeroporto è come un gigantesco mulino a vento e le sue pale girano solo e se, effettivamente, l’aria si muove. Altrimenti sta fermo. Tradotto in parole semplici. Se Alghero è capace di attrarre turismo, l’aeroporto “gira” e diventa strategico e fondamentale. Viceversa, è normale che si avvii alla sua chiusura. Allora, giacché non è questa la sede per dire come e perché Alghero dovrebbe “fare turismo”, pur avendo idee molto chiare in proposito, mi limito ad invitare, almeno i miei cinque lettori, a riflettere un attimo prima di tuffarsi nel lungo letargo invernale.
Se riusciamo a svincolarci da tutte queste facili strumentalizzazioni e da questa grande voglia di lamentarci tanto per lamentarsi, magari ci vien voglia di impiegare questi mesi di “letargo invernale” lavorando, invece, a migliorare la situazione. Anzi, ad invertirla. Con buona pace delle marmotte. Fare turismo si può. E’ credibile, auspicabile e possibile; questa è la buona notizia. Ma ci vuole lavoro, professionalità e tanto impegno.