«Renzi ha discriminato la lingua sarda, la Giunta Pigliaru il Catalano di Alghero»
Il vice capogruppo di Forza Italia Marco Tedde interviene in relazione al mancato inserimento del catalano di Alghero nella convenzione fra la Regione e la Rai per l'utilizzo della lingua sarda sui canali radio e tv della Rai.
«Ha ragione l’assessore della cultura Firinu: il Governo Renzi ed il centrosinistra nazionale hanno discriminato il sardo nella legge di riforma della Rai, prevedendo fra l’altro risorse solo per la convenzione fra la Rai e la provincia autonoma di Bolzano. Ma la Firinu con la convenzione fra la Regione e la Rai per la programmazione regionale su Rai 3 e Radio 1 ha discriminato la lingua catalana di Alghero non riservandole pari trattamento rispetto a quella sarda». Così interviene il vice capogruppo di Forza Italia ed ex sindaco di Alghero Marco Tedde in relazione al mancato inserimento del catalano di Alghero nella convenzione fra la Regione e la Rai per l’utilizzo della lingua sarda sui canali radio e tv della Rai.
«L’Europa dal 1992 e lo Stato italiano dal 1999 ci dicono che si deve promuovere e valorizzare l’utilizzo delle lingue minoritarie prevedendo specifiche disposizioni che ne favoriscono l’impiego nel servizio pubblico radiotelevisivo. In questa convenzione la Regione avrebbe potuto inserire anche il catalano di Alghero, ma non l’ha fatto. Eppure Pigliaru -sottolinea Tedde- aveva manifestato la volontà di dare centralità alle identità sarde. Invece sta realizzando di fatto una formattazione delle identità regionali in spregio ai principi comunitari, a quelli tutelati dalla Costituzione italiana, dalla legge n. 482 del 1999 e della legge regionale n. 26 del 1997».
«D’altro canto null’altro ci possiamo aspettare da una Giunta il cui delegato alla cultura -ricorda l’ex sindaco di Alghero- aveva catalogato il Catalano di Alghero come una variante del sardo. Occorre avere invece l’intelligenza politica di valorizzare tutte le identità e le culture dell’isola per contribuire a realizzare una Europa che si fonda sulla diversità delle culture regionali. Non vorremmo essere costretti a pensare -chiude Tedde- che è in atto una sorta di revisionismo culturale inserito nel più ampio disegno di marginalizzazione del nord ovest della Sardegna.»