Protezione Civile e problematiche in Sardegna
L'opinione di Manuel Carta, presidente Esculapiani ed esperto in Protezione Civile e Calamità
La Protezione Civile (che abbrevieremo con la sigla P.C.), è il coordinamento delle azioni delle istituzioni, enti, corpi che intervengono in caso di eventi calamitosi, catastrofi in genere, maxiemergenza, a livello locale, provinciale, regionale e nazionale, al fine di garantire l’incolumità delle persone, dei beni e dell’ambiente. Questo è uno dei primi punti problemati, cioè fermarsi a livello nazionale. Abbiamo la cultura di asserire “qui non è mai successo, quindi….possiamo omettere questa procedura, tanto…”. Se mai succederà un intervento interdisciplinare, internazionale, con l’intervento di varie unità di soccorso che, oltre a non avere una lingua comune, non hanno una procedura d’interento unificata e congiunta. Ad esempio possiamo ricordare la caduta dell’aereo francese al confine con l’italia. Come si interfacciano le due nazioni nel coordinamento congiunto? Ma torniamo a livello nazionale. Nella P.C. si interfacciano una serie di enti, come il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, le Regioni, le Prefetture, i Sindaci, i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine, le Forze Armate, le Associazioni di Volontariato come la Croce Rossa Italiana, CISOM e altre realtà di associazionismo. Il Sindaco, prima autorità di protezione civile sul territorio Comunale, è supportato da una Struttura Comunale di Protezione Civile, attiva sia in fase di normalità che in fase di emergenza e di post-emergenza. Questa struttura si chiama COC (Centro Operativo Comunale).
Il COC deve avere in mano il PPCC (Piano di Protezione Civile Comunale), ma se questo PPCC non è redatto in maniera minuziosa e dettagliata, succede che quando si va in emergenza, si va nel pallone e si prendono decisioni fatali. Un piano di emergenza (o PPCC) è l’insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorio. Il piano d’emergenza recepisce il programma di previsione e prevenzione, ed è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio. Ha l’obiettivo di garantire con ogni mezzo il mantenimento del livello di vita” civile” messo in crisi da una situazione che comporta gravi disagi fisici e psicologici. Si sono manifestate ora, due problematiche non da poco che mandano in contrasto le normali regole d’intervento e di diffusione informativa, cioè: in caso di neve, si consiglia di rimanere in casa e non uscire; in caso di terremoto, si consiglia di uscire e non rientrare in casa.
Ma se come in questo caso, ci sono forti nevicate e il terremoto, il cittadino deve uscire o rimanerci a casa? E’ tutto scritto, in teroria, sul PPC che da la possibiltà appunto in emergenza, a non doversi inventare una strategia d’intervento, appunto perché all’interno ci sono tutte le varianti e danno modo al COC, quindi alla struttura comunale di protezione civile, di conseguenza al Sindaco, di sollevare la propria responsabilità da eventuali decisioni di fortuna. Il PPC va aggiornato anualmente e controllato da ingegneri, geologi, disaster manager ed esperti in protezione civile. Infatti, molti comuni, si avvalgono della professionalità e preparazione di queste figure professionali, per redigere un PPCC serio ed efficace. Viene fatto questo? Assolutamente NO, o in rarissimi casi. Quindi un comune in emergenza, come quello di Fonni, ha un piano di emergenza serio e dettagliato? Ha un COC serio e preparato, oppure ha comuni cittadini o il comandante della Municipale, che hanno letto due o tre norme e si sono adattati? Il Responsabile Regionale di Protezione Civile, deve essere una persona di ampie capacità tecniche, con una preparazione nella medicina delle catastrofi, disastrologia, maxiemergenze, geologia.
Mi chiedo se nel 2017, la preparazione di una regione autonoma, isolata come la Sardegna, con le enormi difficoltà in ambito d’incendio boschivo, urbanistico, culturale, idrogeologico, deve avere a capo, una persona rispettabilissima, ma che non ha mai fatto neanche una missione in un sisma, in una alluvione, in una maxiemergenza e nella gestione di esse. Oggi la nuova frontiera del terrorismo è data da un attacco NBCR (Nucleare Batteriologico Chimicho Radiogeno), un attacco informatico, pandemico, climatico. Questo è quello che si studia oggi, figuriamoci se ci si può permettere una preparazione basica in una regione che fa da porto e casa di terroristi islamici. Quante simulazioni di evaquazione vengono fatte nelle città e nei paesi? Quanto viene collaudato questo piano di protezione civile? Si insegna ai bambini a scuola la cultura della prevenzione, dell’educazione civica, il reciclo, cosa fare in caso di…, primo soccorso, hanno mai provato una evaquazione dall’istituto? Queste sono le domande che un comune deve farsi, prima di chiedere aiuto alla regione e riversare le proprie frustazioni e insuccessi in campo di protezione civile. La mia non vorrei che sia una accusa gratuita nei confronti ne del responsabile di protezione civile, ne nei confronti del sindaco di fonni o chissà chi, ma solo un’accusa alla nostra imperitura cultura retrograda, lenta, abituata ad essere sufficiente, senza abitudine ad investire nelle proprie forze, nella propria preparazione, al clientelismo politico.