Salvataggi in mare e clandestini
L'opinione di Vittorio Guillot
Mi è stato chiesto come concilio la mia vecchia e decennale attività da imbarcato e comandante di unità navali della CP / Guardia Costiera con la mia idea che debba essere accolto quel 5% di migranti che fuggono da guerre e persecuzioni, in particolare i cristiani mentre, invece, debba essere respinta la massiccia invasione di clandestini. Non ho alcun problema a rispondere. E’ fuori discussione, almeno per quanto mi riguarda, che soccorrerei chiunque rischi di perdere la propria vita in mare, senza alcuna differenza tra bianchi, gialli, neri o verdi, tra atei, cristiani, islamici o taoisti. Ciò non solo perché è un dovere giuridico salvare chi è in difficoltà ma anche perché, personalmente, ve lo assicuro, si prova una grande, immensa soddisfazione nel sottrarre agli elementi naturali degli esseri umani assolutamente indifesi, infreddoliti e terrorizzati. La loro gioia diventa gioia anche per il salvatore e più grande è il pericolo scampato, più grandi sono le difficoltà, più grande è la gioia reciproca e non importa proprio per niente se chi viene tratto dagli impicci serberà gratitudine per chi lo ha soccorso o se se ne dimenticherà. Grande, invece, è la amarezza per il soccorritore se l’operazione si riduce ad un triste recupero di cadaveri.
Non credo che ci sia niente di più amaro che trovare dei poveri corpi semigalleggianti, sballottati con tragica indifferenza dal mare che sembra dire: ‘Io sono il più forte, di te faccio ciò che mi pare. Posso persino umiliare la tua dignità fino a restituire, quando voglio e se voglio, il tuo corpo decomposto e nudo ‘. Perciò quando il soccorso si trasforma in un recupero di cadaveri ci si sente sempre sconfitti e, direi, si prova quasi un senso di colpa anche se l’esame di coscienza ci dice che è stato fatto tutto il possibile, col massimo impegno e nel modo migliore. Non credo che si potranno mai dimenticare quei poveri corpi e quegli sguardi fissati per sempre in una espressione di terrore. Sono anche certo che chi compie queste operazioni trovi sempre irritante che qualcuno dica: ‘ Se la sono cercata! ’ In particolare quando la disgrazia è causata da imprudenza e bravate, dal desiderio di una vita migliore o, persino, dalla stessa ricerca della morte. Questa aspra severità urta perché non tiene conto della fragilità umana e del fatto che tutti siamo stati spinti, almeno certe volte, a compiere qualche pericolosa bravata.
Qualcuno che mi conosce potrà ricordare che anche io, una quarantina di anni fa, fui sospettato di essere stato assai poco comprensivo con un matto che aspettava le nottate di tempesta per uscire in mare, salvo, poi, chiedere disperatamente aiuto. Infatti, dopo l’ottava o nona volta che successe quel fatto, stando ai malevoli sospetti, gli avrei fatto deliberatamente affondare l’imbarcazione, ovviamente dopo averlo salvato. Se anche così fosse stato, ma non ricordo come andarono le cose, praticamente avrei compiuto una opera di bene, da boy scout, perché, in tal modo si risolse definitivamente un angoscioso problema per i suoi familiari, che ci ringraziarono e ci dissero che da allora dormirono sonni più tranquilli. Naturalmente, per tutto ciò che ho scritto, se fossi il comandante di una unità navale, soccorrerei senza indugio chiunque, senza alcuna distinzione.
Non lascerei in mare proprio nessuno. Però mi sentirei anche in dovere di pretendere armi e disposizioni che consentano ai miei uomini di fronteggiare possibili ammutinamenti delle persone soccorse, soprattutto se queste fossero molto numerose. Mi sentirei a posto con me stesso anche se potessi portare al sicuro i naufraghi nel porto più vicino, magari Malta o Tunisi, anche se non fosse quello desiderato da loro. In tal modo, cosa di importanza assolutamente non secondaria, disimpegnerei al più presto la mia unità e, liberandola da un improprio servizio di traghetto, la renderei disponibile per altri salvataggi. Se, invece, la mia attività non si esaurisse col soccorso ma li dovessi condurre dove pare e piace a loro, sentirei la mia dignità di soccorritore umiliata perché verrebbe assimilata a quella di un qualsiasi favoreggiatore della immigrazione clandestina.Questa è la mia risposta alla domanda che mi è stata fatta. Spero di essere stato esauriente e chiaro.