L’alcolismo dei tempi moderni: una vera e propria piaga sociale
E’ ormai di pubblico dominio che il vino, nettare degli Dei nel mondo greco-romano, faccia parte ormai a tutti gli effetti della tanto apprezzata dieta mediterranea, a rappresentare uno stile di vita capace di farci vivere in buona salute. Al detto popolare che ‘una mela al giorno leva il medico di torno’ ben si associa l’altra tendenza ad avvalorare i risultati di una ricerca relativi all’assunzione moderata del vino: un bicchiere di vino al giorno (una quantità alquanto misurata) contribuisce a ridurre la depressione. Per sette anni consecutivi la equipe medica del dottor Miguel Martinez Gonzalez ha monitorato una ricerca effettuata dall’Università di Navarra su 5.500 bevitori ‘moderati’. Sorprendenti i risultati della Predimed relativamente alla misurazione dell’effetto preventivo e protettivo della dieta mediterranea, rafforzata con olio extravergine di oliva: oltre ad attenuare il rischio della depressione, nelle persone con problemi cardiovascolari si è riscontrato un rischio di ictus o attacchi di cuore, inferiore del 30%. Alla gioia di questi studi confortanti per la salute dell’individuo vanno a seguire necessariamente la pericolosità del consumo scriteriato degli alcolici e le abbuffate non limitate alle sole ricorrenze festive nell’arco dell’anno. L’alcolismo, un problema gigantesco da non sottovalutare, che all’anno, nel mondo genera ben 2 milioni e mezzo di decessi.
Del problema si interessa da tempo l’associazione ‘Sportello dei Diritti , presidente Giovanni D’Agata, che senza sosta evidenzia la piaga, generata dell’alcoolismo soprattutto fra i più giovani e le donne di mezza età. Secondo le statistiche in alcuni Paesi della Unione Europea fra le donne dedite all’alcool figurano le ultracinquantenni. In Gran Bretagna, gli esperti hanno sottolineato come le donne di questa età stiano diventando l’onere più importante per il servizio sanitario nazionale a causa di patologie correlate all’alcol, tra cui ictus, malattie del fegato e tumori. E’ stato confermato che le donne in età fra i 16-e i 24 anni consumano, oggi, il 20 % in meno rispetto alle abitudini di diversi anni fa, mentre gli uomini consumano circa due volte la quantità di alcol che viene ingerita in media dalle donne.”In Italia le stime circa il consumo pro capite per fasce di età di alcolici consumati ed i costi sociali connessi alle malattie alcol correlate sono inferiori a quelle di altri paesi europei , ciò non vuol dire che le nostre concittadine siano meno esposte all’alcolismo o comunque ad un consumo eccessivo di alcolici”. L’associazione continua ad appellarsi alle autorità sanitarie ed alle istituzioni competenti, compreso il Ministero della Salute affinché incentivi le campagne di sensibilizzazione troppo spesso connesse al solo rischio di incidenti stradali a seguito del consumo di alcol.
Sulla piaga sociale dell’alcolismo giovanile che purtroppo cresce in maniera preoccupante si è espresso anche il presidente del Coni Mimmo Praticò: “Esiste un dato allarmante che deve far riflettere tutti. I giovani ritrovano nell’alcol un momentaneo stato di ebbrezza che li esclude temporaneamente dai problemi personali e dalla situazione di disagio generale che questa generazione vive. La società moderna – continua il Presidente – non è in grado di dare le risposte che i giovani, sbagliando, ricercano attraverso alternative e nocive strade. Le ultime analisi statistiche evidenziano che la fascia di età più a rischio per l’abuso di alcolici è quella che va dai 12 ai 17 anni, ovvero il momento maggiormente critico della crescita, in cui le ragazze e i ragazzi iniziano ad interrogarsi sul proprio posto nel mondo. È in questa fase che la società deve fornire punti di riferimento agli adolescenti, facilitando la risposta alle molte domande che si pongono. Lo sport in particolare- conclude il presidente – è il terreno fertile affinché essi possano crescere e trasformarsi in adulti nel rispetto delle regole e mantenendo saldi, davanti ai propri occhi, i valori che lo sport riesce a trasmettere”.
Lo studio a carattere europeo ha valutato il trend di consumo di alcolici tra le donne quasi alla pari con gli uomini e rimarcato l’ultima moda: astenersi dal cibo per abbuffarsi di alcol. E in Italia? Da noi la donna ha conquistato spazio sia nel mondo del lavoro che in ambito sociale, determinando una sua maggiore disponibilità economica, maggiori contatti sociali e più tempo passato fuori casa. Cambiamenti sociali correlati anche alle variazioni quantitative del consumo di bevande alcoliche al pari quasi degli uomini. La bevanda preferita è la birra, seguita da vini e altri alcolici. L’Olanda è il paese dove le donne consumano maggiori quantità di alcool, seguita dalla Gran Bretagna, mentre si conferma un consumo abbastanza omogeneo per entrambi i sessi nelle diverse zone italiane, con una leggera prevalenza delle regioni del Nord Est rispetto al Nord Ovest e al Centro; al Sud le percentuali risultano leggermente più basse .
Comincia a preoccupare la ‘drunkoressia’, fenomeno importato in Europa dagli Stati Uniti: una forma di anoressia ‘preventiva’ praticata dai giovanissimi, soprattutto dalle ragazze, che smettono di mangiare nel fine settimana per poi poter bere alcolici ( molto calorici) in tutta libertà e senza prendere chili. In Italia sta prendendo piede soprattutto tra le adolescenti che vogliono restare magrissime, senza rendersi conto dei pericoli derivanti alla salute. Altro dato rilevato da un’indagine condotta in Italia dal Censis in collaborazione con l’Osservatorio Permanente su Giovani e Alcol: nella fascia dei giovani sembrano essersi affievoliti i meccanismi di autocontrollo, che regolano il consumo negli adulti. In modo particolar modo è preoccupante la crescita del fenomeno del ‘binge drinking’, termine che si riferisce all’assunzione di un numero elevato di bevande alcoliche (solitamente 5 o più) in un lasso di tempo ridotto: non viene considerata determinante la tipologia di bevande assunte, quanto lo scopo, che è solitamente l’ebbrezza e la perdita di controllo.