Il saluto del Presidente Cappellacci a Papa Francesco

Santità, con grandissima emozione Le porgo il saluto da parte di tutta la comunità sarda e il mio personale benvenuto.

Oggi è un giorno speciale. Desidero esprimere nel modo più sincero la speranza che la Sua visita rappresenta per la nostra terra, e quanto la Sua presenza tra noi, in questo momento, sia testimonianza di generosità nel rapporto col nostro prossimo.

Con la stessa semplicità vorrei sottolineare quanto sia significativo e commovente il fatto che le prime necessità sentite da Lei siano state quelle di visitare Lampedusa e la Sardegna, due isole: due terre di confine, due realtà vicine che condividono il senso intimo della sofferenza di quanti lottano per riaffermare l’unicità del proprio futuro. Due luoghi dell’anima dove l’uomo incontra la Storia, centrali nel destino del Mediterraneo, sul quale hanno ripreso a soffiare forte preoccupanti venti di guerra.

L’auspicio che giunge al mondo dalla Sardegna unita in preghiera con lei, Papa Francesco, è quello anzitutto di essere testimoni di pace nella comunione rinnovata tra le genti di diversi paesi.

Inoltre, è viva la speranza di veder crescere nella nostra isola una comunità salda nei propri valori spirituali, che, riconfortata dalla forza della fede, abbia a cuore innanzitutto il destino dei meno fortunati e sappia prendersi cura di loro con amore e senso di responsabilità.

La comunità sarda, con devozione si rimette alla protezione di Nostra Signora di Bonaria e chiediamo la Sua intercessione, Santo Padre. A ricordo di questa memorabile giornata, la comunità sarda Le offre un simbolo di questa terra: i “cusinzos”, le scarpe utilizzate dai nostri pastori. In esse è racchiuso il senso della fatica del lavoro, del sacrificio per custodire il proprio gregge e accompagnarlo quotidianamente verso una meta sicura. Le ha realizzate un artigiano di Oliena.

Idealmente, è bello pensare che queste scarpe possano accompagnarLa nel suo cammino di pastore.

Il mondo ha bisogno di una guida pastorale come la Sua!

La ringrazio con la formula che a tutt’oggi è usata dalle nostre parti, e che lascia a Dio il compito di ripagare la generosità altrui, quando il dono ricevuto lo si reputa immenso: Deu si du paghiri, “Il Signore Iddio ve lo ripaghi”, Papa Francesco.

22 Settembre 2013