I cinquant’anni dell’Avis, un ricordo personale
Ricordo che un giorno della primavera del ’68, io avevo 22 anni, vidi una autoemoteca ferma in piazza Sulis, di fronte al bar Chez Michel. Fin allora non avevo mai dato il sangue comunque, vincendo una certa emozione, mi presentai al dottore e feci la mia prima donazione. Successivamente mi trattenni a parlare col medico, il dottor Gian Paolo Plaisant, direttore del laboratorio di analisi dell’ospedale civile. Il dottore mi disse che c’era una forte carenza di sangue dovuta anche al fatto che non esisteva, ad Alghero, una struttura che sensibilizzasse ed organizzasse i cittadini per affrontare questo grave problema. Questo problema si ripercuoteva negativamente soprattutto sui talassemici, che avevano bisogno di frequentissime trasfusioni e, perciò, mi propose di aderire all’ A.V.I.S.. Mi fece anche conoscere un altro donatore che era appena uscito dalla autoemoteca: Giovanni Filippi. Giovanni era di una decina di anni più grande di me e, poiché era elettricista del Comune, aveva molte conoscenze nell’ambito della amministrazione cittadina. Questo fatto fu molto importante perché per costituire una sezione A.V.I.S comunale era necessario avere una sede a cui appoggiarsi.
Dopo qualche giorno facemmo conoscenza con Giovanni Battista Caula, padre del nostro socio Davide, anche lui alquanto più anziano di me, che ci disse di essere iscritto all’A.V.I.S. di Carbonia da diversi anni e che, quindi, conosceva l’organizzazione avisina ed era in contatto con il presidente provinciale. Così, in tre, un giorno ci recammo a Sassari e ricevemmo consigli e direttive su come muoverci. Dopo poco, soprattutto grazie alle conoscenze di Giovanni Filippi, il comune di Alghero mise a disposizione dell’A.V.I.S. un locale, situato in via Carlo Alberto, sotto la vecchia biblioteca comunale. Era un magazzino molto mal combinato, con intonaci cadenti e tanta umidità, comunque, assieme ad altri donatori, alcuni dei quali erano muratori ed imbianchini e, dico la verità, comprando di tasca nostra pittura e cemento o facendocelo regalare da qualcuno, mettemmo a posto quel locale.
L’entusiasmo e la voglia di realizzare qual cosa di nuovo e di utile per la nostra città era veramente tanto. Poiché per costituire la sezione comunale occorreva un certo numero di soci, ci demmo da fare per iscrivere all’A.V.I.S. il maggior numero possibile di donatori. In questa opera fummo aiutati dal dottor Plaisant e dal dottor Peana. Ci dette una mano anche il medico condotto di Villanova, dottor Pinna, che convinse molti cittadini di quel paese ad aderire alla nostra Associazione. Ricordo che per andare a Villanova usavamo spesso la mia 500, di seconda o terza mano, molto stretta e piccola. Oltre a me, a Caula ed a Filippi una volta venne un altro donatore, piuttosto corpulento e pesante per cui, a parte le lagnanze di quelli che stavano rannicchiati nel sedile posteriore, la macchina faceva molta fatica a fare la ripidissima salita di Scala Piccada tanto che , ad un certo punto, uno dovette scendere dall’auto e fare un bel pezzo di strada a piedi.
Comunque, dopo questo avvio pionieristico, l’A.V.I.S. prese decisamente piede perché a noi si unirono immediatamente molti volenterosi. Così, nel 1969, fu possibile costituire la nostra sezione comunale. Io ricordo con grande affetto tutti i donatori che costituirono il primo nucleo: Antonio Mortello, Dionigi Giorda, Francesco Alloro, Antonio Maccioni, Costantino Melotti, Francesco Fodde, Gesuino Muroni, Mariano Salis, Mario Kucick Ferruccio Zarini, Salvatore Fenu, Emanuele Favata, Antonio Daga, Andrea Fiamma, Ilario Arru Satta, Aurelio Saba, Salvatore Alloro, Nando Roppo, Luisa Corbia, Aldo Diana, Francesco Esposito, Domenico Daprea, Nino Baldinu, Francesco Angioi e Giovanni Murgia. Con loro ci trovavamo soprattutto in occasione delle donazioni, che si concludevano in allegria nelle cucine dell’ospedale, dove ci veniva offerta una bella bistecca ed un bicchiere di vino. Molti di questi amici non ci sono più. Oltre al ‘vecchio’ Giovanni Battista Caula, senza niente togliere a tutti i meravigliosi pionieri di allora, merita particolare considerazione il bravo Giovanni Filippi, che è stato presidente dell’A.V.I.S. di Alghero per 38 anni. Da quel lontano
’69 l’Associazione è cresciuta moltissimo e, con le sue 1200 sacche di sangue offerte annualmente, rende un servizio fondamentale per la nostra Sanità.
Tra l’altro comprende moltissimi giovani, che fa piacere premiare con meritatissime ‘borse di studio ’. Perciò la Città di Alghero deve veramente tanto ai donatori e, di conseguenza, deve battersi perché la loro dedizione non sia tradita da una criminale politica che vorrebbe ridurre il nostro Ospedale da ‘Primo Livello ’ a Ospedale ‘di base’. Follia, questa, che penalizzerebbe lo stesso ‘Centro Trasfusionale’, che verrebbe ridimensionato a modesta ‘Emoteca’. Se questa sciagurata iniziativa venisse portata a compimento, non solo si arrecherebbe un grave danno a chi riceve le trasfusioni ma si perderebbe quell’enorme capitale di concreta solidarietà sociale che si è costruito in questi 50 anni. Infatti ben pochi donatori potrebbero recarsi fino a Sassari per dare il loro generoso contributo. Io spero che gli algheresi sappiano reagire in modo forte perché ciò non avvenga, né domani né mai!