Il Referendum, le riforme e Draghi

L'opinione di Vittorio Guillot

Il Referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari non mi entusiasma per niente! Ciò perché sono certo che, vada come vada, tutto resterà tale e quale.  Si tratta, infatti, di una falsa riforma delle istituzioni. Meglio ancora, direi   che è solo una grossa nuvola di fumo gettata negli occhi degli italioti. I parlamentari, infatti, come succede già adesso, saranno sempre dei ‘nominati’, posti lì dai capi-bastone per tutelare i loro interessi personali e di clan. Di conseguenza, gli interessi del territorio, delle categorie e, in definitiva, del ‘Paese reale’, continueranno a non essere garantiti.  In particolare i così detti ‘corpi intermedi’, in particolare le categorie socio economiche, continueranno a non essere rappresentati nelle istituzioni in cui si formula la politica e si fanno le leggi.

Eppure sono loro il motore della vita socio-economica e su di loro ricadono, innanzi tutto, gli effetti positivi e negativi delle decisioni politiche. Certo mi vien da sorridere amaramente quando sento dire che la riduzione dei parlamentari è motivata dalla necessità di diminuire la spesa pubblica. Infatti i divulgatori di questa barzelletta sono gli stessi che hanno voluto ed applaudito alla formazione, in tempo di coronavirus, di Tasks Forces e di Stati Generali che sono costati una barca di soldi pubblici ma non sono serviti assolutamente a nulla se non ad offrire una bella passerella a Conte &C. Comunque, dato che ci siamo, se si vuole adottare questa riduzione per diminuire la spesa pubblica, perché non abrogare totalmente il Parlamento?

Ciò anche perché, da un po’ di tempo a questa parte, sono più i DPCM e le leggi di iniziativa governativa che quelle proposte dai parlamentari. Spero che non sfugga l’acida ironia di queste mie provocatorie battute. Data la nostra desolante situazione politica e sociale qualcuno ha fatto il nome di Draghi per tirar fuori l’Italia dalle secche. Draghi, secondo me, in questa totale carestia di statisti, è certamente l’unico personaggio di grande levatura presente sulla piazza. Tra l’altro condivido pienamente la sua distinzione tra il ‘debito buono’, quello realizzato per investimenti produttivi ed infrastrutture necessarie allo sviluppo, per la ricerca e per la formazione dei giovani, ed il ‘debito cattivo ‘, quello fatto di sprechi per esigenze puramente clientelari.

Mi chiedo, però, se le sue indubbie capacità siano sufficienti per farne un capo del governo all’altezza della situazione.  Credo di no perché se non si cambia il sistema e, in particolare , se non si trasformerà la nostra  repubblica parlamentare in  uno stato in cui il capo del governo sia eletto direttamente dal popolo, se non si darà voce in capitolo al Paese Reale, ossia alle categorie produttrici, se non si organizzerà la magistratura in modo da eliminare le reciproche interferenze col potere politico e se non si snellirà la burocrazia tagliando le unghie ai burocrati grandi e piccoli, neppure Draghi  potrebbe fare gran che.  

Ciò perché basta un ‘inciucio’ tra magistrati o burocrati e politicanti o che un qualsiasi partitello od un ominicchio ritiri la ‘fiducia’ al governo perché questo vada in crisi. Perciò anche il migliore presidente del consiglio, se vuol politicamente sopravvivere, deve rinunciare a molte idee positive ed accettare gli usuali ricatti e compromessi ‘al ribasso ‘imposti dalle solite mezze seghe. Il problema di fondo, quindi, è quello di una radicale riforma della Costituzione. Purtroppo non vedo nessuno che possa mandare avanti un tale poderoso progetto e che sappia coinvolgere il popolo italiano. Francamente, e lo scrivo con rammarico, credo che neanche il grande Draghi    abbia finora mostrato   questa capacità.

Vittorio Guillot, 11 Settembre 2020