“Il D.d.L. Zan ed il fascismo occulto”

L'opinione di Vittorio Guillot

Premetto di essere assolutamente d’accordo col fatto che chi insulta od usa violenza contro gli omosessuali debba essere pesantemente punito. Ognuno, infatti, deve essere libero di vivere la propria sessualità come crede e secondo la sua particolare natura, senza doverne rispondere ad estranei. Ciò premesso, la lettura del D.d.L. Zan mi pone alcune domande. Innanzi tutto mi chiedo quali possono essere gli effetti della dichiarazione di ‘sesso anagrafico’, che ognuno potrebbe scegliere. Mi chiedo, in particolare, come si possa distinguere un omosessuale autentico da qualche furbastro ‘guardone’ che, all’occorrenza, dichiarandosi gay, volesse introdursi abusivamente in certi spogliatoi od altri spazi riservati alle fanciulle, ove non fosse gradita la presenza di un individuo fisicamente maschio. Inoltre, mi chiedo ancora, se non verrebbero danneggiate le atlete di sesso femminile se i trans, generalmente ben più robusti, potessero partecipare alle gare sportive riservate al loro sesso.

La eventuale esclusione degli omotrans, nei casi prospettati, potrebbe essere considerata una illecita discriminazione? A proposito, cosa intende esattamente il D.d.L. Zan col termine ‘Discriminazione’ e ’Istigazione alla discriminazione’? Questa non è certamente una questione di lana caprina ma una necessità di assoluta chiarezza. Mi chiedo, infatti, se corra il rischio di incappare nelle ‘misure di contrasto alla discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sulla identità di genere’ chi, per esempio, pensi, parli o scriva che la possibilità dell’utero in affitto costituisca una indegna mercificazione del corpo delle donne o che le coppie omosessuali non siano idonee alla adozione di bambini o, ancora, che il matrimonio sia costituito dall’unione tra un uomo ed una donna per il reciproco sostegno e per la continuazione del genere umano.

Non è forse possibile, cioè, che le espressioni poco chiare e generiche del D.d.L. Zan possano indurre ad una interpretazione che, considerando come ‘istigazione’ quelle manifestazioni di opinioni, di fatto, aggiri e limiti il diritto costituzionale di esprimere liberamente il proprio pensiero? Considerato l’assurdo ‘can can’ che persino alcuni parlamentari hanno sollevato contro innocui manifesti avversi all’aborto e la censura applicata in troppi Comuni alla loro esposizione, c’è, purtroppo, da temere che i soliti intolleranti di casa nostra usino in senso liberticida la ambiguità di questa norma.

Che dire, poi, della disposizione per cui la ‘strategia’ per la definizione e l’individuazione di misure relative alla educazione dei ragazzini sia “elaborata nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria, delle associazioni impegnate nel contrasto alle discriminazioni “? Perché, mi chiedo, dalla elaborazione di tale ‘strategia’ sono esclusi proprio i genitori, ai quali la stessa Costituzione riconosce il diritto-dovere di ‘mantenere, istruire ed educare i figli’? Eppure quei genitori hanno voce in capitolo perfino in quei ‘consigli scolastici ‘ in cui si discute di argomenti assai meno impegnativi, come le gite d’istruzione! Perché, proprio su una questione fortemente formativa per i figli, il loro ruolo viene evidentemente cancellato con disposizioni calate dall’alto?

Non vi pare che ciò emargini la famiglia ed ingiustamente attribuisca, almeno per questo aspetto, il potere della educazione dei figli esclusivamente agli enti pubblici? Un po’ come, sostituendo i soggetti attivi, succedeva nel ventennio littorio quando, come scritto fino agli anni ’70 sulla facciata di un asilo di Alghero, si imponeva che ‘L’educazione che darete sarà romana e fascista’, anche se i genitori fossero stati degli antifascisti sfegatati. 

Vittorio Guillot, 15 Maggio 2021