Denatalità ed immigrazione
L'opinione di Vittorio Guillot
Da qualche tempo in Italia, e non solo, si parla della denatalità e si guarda con ansia al rapporto sempre più negativo tra persone attive ed i vecchi. Il peso di questi ultimi, infatti, già grava, e graverà sempre più, sulle nuove generazioni. Tra i vecchi mi ci metto anche io, dato che da un pezzo ho superato la verde età. Non mi pare, in ogni modo che, se le giovano coppie ‘nazionali’ sono indotte a ridurre la procreazione per valide ed oggettive difficoltà, l’ingresso di nuovi immigrati possa risolvere questo problema. Costoro, infatti, si troverebbero ad affrontare le identiche difficoltà delle coppie italiane, e, poiché anche loro sono fatti di carne ed ossa, sarebbero spinti, come i nostri giovani, a ridurre il numero dei figli. Il problema, così, non verrebbe risolto ma si perpetuerebbe ed aggraverebbe sempre più. Occorre, semmai, esaminare con attenzione le cause del fenomeno e cercare di porvi rimedio.
A parte ciò l’immigrazione, può essere una necessità sia per chi parte ma anche per chi accoglie, deve essere assolutamente regolata. Resta fermo il principio, ben illustrato dal Papa, che nessuno deve essere costretto ad emigrare ma che chiunque deve avere il diritto di restare nel proprio Paese di origine. Comunque, senza cadere nella retorica fascista e nel falso mito della razza, credo che chi accoglie abbia il sacrosanto diritto di difendere la sua cultura. Ricordiamo che la cultura è ciò che costituisce un popolo ed esprime i valori su cui si fonda la sua convivenza sociale. Perciò non mi interessa il colore della pelle di chi arriva ma che si integri con la nostra civiltà, con le nostre leggi, con la nostra realtà socio economica. Teniamo presente che una immigrazione fuori controllo rischia di danneggiare ulteriormente anche i Paesi da cui si parte. Da quei Paesi, infatti, vanno via proprio i giovani, ossia coloro che, con le loro energie, potrebbero dare un valido contributo al loro sviluppo. Vi restano, invece, gli anziani e gli inabili. Così si aggravano quegli oneri che impoveriscono ancora di più quei popoli.
La soluzione ai drammatici problemi della povertà dei Paesi del Terzo Mondo, a mio avviso, può trovarsi solo in una cooperazione ‘alla pari ’ tra loro ed i Paesi tecnologicamente più avanzati. Questi dovrebbero smetterla, una buona volta, con le ottuse politiche di sfruttamento neocolonialista che, invece, hanno abbondantemente praticato fino ad oggi. Ecco perché, più passa il tempo e più mi piacciono, in proposito, le idee del grande Enrico Mattei. Mi sembra anche ovvio che l’emigrazione non può essere lasciata in mano agli scafisti ma deve essere governata nell’interesse reciproco. Inoltre, se si crede nei valori della nostra cultura, occorre non farci sommergere da chi si presenta alle nostre frontiere con una mentalità a noi ostile. Per questo aspetto mi preoccupa non poco l’immigrazione incontrollata. Temo, infatti che, alla lunga – ma non tanto – possano diventare maggioranza i seguaci di dottrine illiberali e discriminanti che si arrogano il dovere di imporle agli altri anche con la violenza. Mi riferisco, in particolare, agli islamici ‘veraci’. Tanto per cominciare, teniamo presente che costoro effettuano una discriminazione maschilista perché credono che l’uomo sia superiore alla donna al punto che debba sottometterla. Solo il sessismo ‘religioso’, infatti, spiega che, per loro, l’uomo abbia la facoltà di possedere anche quattro mogli, che può ‘arare’ a suo insindacabile piacimento. Può anche ripudiarle e può sposare anche le cristiane e le ebree e può liberamente avere rapporti carnali con le schiave. A parte questa pesante legittimazione della schiavitù, alle donne non è riconosciuta nessuna di queste facoltà. Con ciò si concretizza un suprematismo sessista dei ‘maschi’ sulle ‘femmine’. Queste ultime, addirittura, non possono neppure mostrare in pubblico né il volto né i capelli né le caviglie, e neppure uscire di casa se non accompagnate da un ‘maschietto’. Inoltre, mentre da noi è finito da molti secoli il tempo in cui venivano bruciati eretici ed apostati, per l’islam ‘verace’ la apostasia deve ancora essere punita con la morte. Potrei indicare una per una tutte le Sure del Corano che stabiliscono queste regole feroci.
Come ciliegina sulla torta, occorre precisare che, per gli islamici d.o.c, il Corano contiene la verità assoluta, valida per ogni aspetto della vita personale e sociale. Di conseguenza, secondo loro , a nessuno è consentito violare i dettami di quel sacro libro . Perciò tutti, anche i ‘miscredenti’, devono esservi sottomessi senza discutere. Poiché quella è l’unica Verità divina, nessuno può rifiutarla. Quindi la democrazia è vietata perché è peccaminosa. In poche parole, non vi può essere differenza tra peccato e reato e tra religione e stato. Perciò mi preoccupa la possibilità che i seguaci di una simile religione possano condizionare la nostra vita sociale e, magari, diventare maggioranza. Infatti, seguendo la loro ‘mentalità ‘, finirebbero per imporre la loro ‘tirannia della maggioranza’ ed opprimerci, nel terribile caso in cui dovessimo diventare minoranza. Qui non si tratta di fare un processo alle loro intenzioni, ma di trarre le logiche conclusioni da quanto è prescritto dalla loro religione e da quanto avviene nei Paesi in cui loro comandano. Penso all’Iran, all’Afghanistan, all’Arabia.
Aggiungo che ritengo che gli scambi culturali siano, e siano sempre stati alla base del progresso dei popoli. Non per altro, anche attraverso il progetto Erasmus, mandiamo i nostri giovani all’estero. Ritengo, addirittura, che noi ‘occidentali’ abbiamo molte cose da imparare anche dalle culture che giudichiamo ‘primitive’. Lo scambio culturale, però, non significa suicidarsi accettando indiscriminatamente anche chi vuole sprezzantemente imporci la sua mentalità. Così si finirebbe per soffocare la nostra cultura, fondata sul rispetto dei diritti personali di uomini e donne e su ben altri principi, che ci arrivano dalla classicità greca e romana, dal cristianesimo e dall’illuminismo. Certo non tutti gli islamici sono ‘veraci’. Non lo sono certamente quelli che in Iran ed Afghanistan si ribellano agli hayatollah ed ai talebani. Non vorrei illudermi, ma credo che con questi ribelli si potrebbe pacificamente convivere. Comunque tutto ciò mi induce a ritenere accettabile una immigrazione, che tenga conto del casellario giudiziale di chi arriva, e, ovviamente, della possibilità di offrirgli trattamento e tutele sociali uguali a quelle garantite ai nostri lavoratori. Ma ritengo anche indispensabile che si accerti che la loro cultura sia armonizzabile con la nostra. Non ritengo neppure sbagliato che a tutti coloro che risiedono per lunghi periodi nei nostri territori ed ai cittadini sia insegnata quella che un tempo si chiamava ‘Educazione Civica’ e si illustrasse la nostra Costituzione. Almeno in modo elementare e comprensibile per tutti.