«Abbattete gli alberi monumentali perché danno “fastidio” al ceduo»

L'opinione di Stefano Deliperi - Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Anche la Foresta demaniale dei Tonneri è sotto la minaccia di devastanti tagli boschivi rasi, fin sulle sponde del Fiume Flumendosa, lecci monumentali inclusi. Un piano forestale inaccettabile, quello di Montarbu. La Foresta demaniale di Montarbu è uno dei compendi naturalistici più belli e preziosi della Sardegna. Posizionata a cavallo tra i versanti sud-orientali del Gennargentu e il comparto ogliastrino, è inclusa nel SIC-ZPS Monti del Gennargentu e racchiude al suo interno una sequenza di paesaggi tra i più spettacolari dell’Isola: leccete ad alto fusto con numerosi esemplari monumentali, boschi di carpino nero con frequente presenza di agrifogli e tassi, che si stendono tra doline, altipiani e falesie. Dalla vetta più alta, il Pizzo Margiani Pubusa (1324 mt.), si gode  un’inarrivabile vista, che spazia dalla sottostante sinuosa valle del Flumendosa ai versanti spogli del Gennargentu, su fino alle creste aguzze di Punta La Marmora.  A nord-est svetta il monumento naturale di Perda Liana a rendere quest’angolo di Sardegna un autentico simbolo della bellezza selvaggia della Sardegna interna.

E allora non può che lasciare davvero atterriti la lettura di un Piano Forestale Particolareggiato – quello redatto per conto dell’Ente Foreste della Sardegna (E.F.S.) per il compendio in questione – che vorrebbe trasformare ben 175 ettari (200 campi di calcio) di questo paradiso in una “fabbrica” di legna su cui applicare la forma di governo più speculativa: il taglio raso, ossia l’abbattimento di tutti gli alberi tranne due o tre ogni cento. E qualora fossero d’ostacolo all’esbosco intensivo, il piano prevede che anche i lecci monumentali potranno essere eliminati (pag. 216 della relazione)[1].

Soprattuto lascia sconcertati la previsione di estendere i deleteri tagli rasi persino nei recessi più selvaggi del compendio. Ci si riferisce ai ripidi versanti che dalle falesie dei Tonneri digradano fino alle spettacolari anse del Flumendosa poste 500 mt. più in basso. Uno scrigno di natura tra i più belli della Sardegna e dell’intero Mediterraneo. Risulta davvero incomprensibile come, per giustificare un simile intervento, si possa affermare, tra le altre cose, che il taglio raso farà del bene al paesaggio e all’ecosistema, perché, così si afferma nel piano, romperebbe la monotonia dell’alto fusto di leccio.

In realtà “nella zona più settentrionale del territorio che scende verso il Flumendosa rimangono soltanto relitti di un soprassuolo boschivo, mentre prevalgono gli arbusti e le specie tipiche della macchia mediterranea; la parte più bassa, presso il fiume, è occupata da vegetazione riparia”. Relitti dell’immensa foresta che fu, altro che monotonia da “spezzare”. Il virgolettato non è nostro ma è tratto dalla scheda descrittiva della Foresta di Montarbu redatto da quello stesso Ente Foreste che ora vorrebbe approvare un piano che prevede il taglio raso di quei relitti di soprassuolo boschivo! E lo stesso piano forestale classifica come “di rilevante interesse naturalistico” le formazioni a monte della strada, contigue a quelle che si vorrebbero tagliare a zero!

É evidente che le cose non tornano e queste contraddizioni confermano i seri dubbi sulle modalità con cui l’E.F.S. tenta di convertire al ceduo non sono la foresta ma anche la pubblica opinione, dopo 40 anni di attività volta a far tornare all’alto fusto le foreste demaniali sarde. Alcuni numeri tratti dal piano forestale. Come detto, la ceduazione semplice è prevista su 175 ettari, di cui 44 ettari nei primi 10 anni. La tabella sotto dà la misura dell’intensità dei tagli.

 

taglio_pilota

É relativa a un taglio pilota e ci dice che su 3.394 piante presenti prima del taglio ne rimangono solo 118, con il taglio di tutti i lecci aventi un diametro superiore ai 25 cm (ossia di tutto l’alto fuso). Dei 240 metri cubi di materiale legnoso pre-taglio ne vengono prelevati 230. In pratica, l’area sottoposta al taglio viene denudata, come scritto a chiare lettere nel piano medesimo: “Nell’area è stato simulato un taglio raso su un ceduo maturo di età compresa fra 40 e 50 anni con rilascio di matricine ovvero un tipo d’intervento che si ritiene debba trovare un’ampia applicazione nell’ambito dei cedui di leccio. L’intervento, eseguito su una superficie dimostrativa di 1020 m² prevede il taglio di quasi tutto il soprassuolo per un totale di volume asportato di 230 m³ per ettaro”. Rapportando questi numeri all’intera superficie che si vorrebbe destinare al taglio raso, si raggiungono questi numeri: piante destinate al taglio: 573 mila; piante risparmiate dal taglio: 21 mila.

Appare poi quanto meno singolare che nel piano relativo a Montarbu, si affermi – a sostegno dei tagli rasi sulle formazioni ad alto fusto – che “la facoltà rigenerativa [del leccio] si mantiene elevata sino all’età di 80 anni, anche con alberi di notevoli dimensioni” (pag. 214) , mentre per i piani forestali di Is Cannoneris e Sette Fratelli è scritto tutt’altro: “l’elevato invecchiamento sconsiglia la ceduazione per motivazioni di carattere biologico (possibile scarso ricaccio, scarsa densità delle ceppaie)” (e si parla di una classe d’età inferiore, quella dei 60-70 anni). Ma, soprattutto, è lo stesso piano ad “ammettere” che per coniugare la produzione legnosa con le “finalità di conservazione e miglioramento della biodiversità e del paesaggio” (proprie dell’Ente Foreste) sono indicate altre forme di governo della foresta, segnatamente quello a “fustaia”. Nel capitolo dedicato a quella compresa si legge: “La compresa delle fustaie di leccio si estende su una superficie complessiva di 54,1 ettari, corrispondenti a circa il 2% del totale del complesso forestale di Montarbu. Il fine istitutivo principale della compresa è la produzione legnosa che, seppur prevalente in termini economici e tale da condizionare la gestione selvicolturale, è coniugata con le finalità di conservazione e miglioramento della biodiversità e del paesaggio”.

Nonostante ciò il piano destina ben 175 ettari ai tagli rasi e soltanto 54 alla fustaia, mentre il ceduo composto, ossia una forma di gestione forestale intermedia tra fustaia e ceduo semplice, non è neppure menzionato tra le modalità di utilizzazione possibili. Eppure tale tipologia sarebbe certamente di gran lunga preferibile al ceduo semplice (nelle porzioni di foresta in cui si volesse privilegiare la funzione produttiva a scapito delle funzione ecologica e paesaggistica), perchè “il ceduo composto presenta i vantaggi del governo a ceduo per quanto concerne la produttività, ma assicura nel contempo una maggiore e costante copertura del suolo e una maggiore complessità ecosistemica”.

Il virgolettato è tratto da un piano di assestamento relativo ad una formazione boschiva in agro di Villanovatulo (redatto internamente alla Regione, dal Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale, senza ricorrere ad assai costosi appalti esterni), dove tra i diversi motivi per cui il ceduo semplice matricinato viene scartato è anche quello dell’incremento del rischio d’incendio (il ceduo matricinato presenta una certa vulnerabilità agli incendi radenti per via della minore distanza esistente tra il livello del suolo e le chiome, soprattutto quando il soprassuolo è ancora in giovane età).

E allora è davvero necessario che anche il piano forestale di Montarbu venga profondamente rivisto,  salvaguardando integralmente aree di estremo valore come quelle che dei Tonneri e limitando strettamente le “utilizzazioni” alle particelle più “antropizzate” con forme di governo diverse dagli anacronistici e fortemente impattanti tagli rasi.

Due parole, infine, su quanto afferma il Commissario straordinario dell’E.F.S. Giuseppe Pulina su La Nuova Sardegna (Il governo a ceduo dei boschi non significa radere al suolo foreste, 10 febbraio 2016): definisce il nostro sito web “ad ottusa ideologia ambientalista”, perché non prende per oro colato le cose che afferma il suo E.F.S.   Gli argomenti evidentemente scarseggiano e ricorre al dileggio e alla denigrazione. Espressioni che qualificano solo chi le usa.

Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus non si è mai espresso contro il “governo a ceduo” dei boschi in ogni caso, si è espresso contro quei tagli boschivi che rischiano di causare danni al bosco e al suolo. Quei danni che sono stati già causati dai primi tagli effettuati nelle Foresta demaniale del Marganai a detta degli stessi esperti incaricati dall’E.F.S. 

Quei rischi ben evidenziati dai redattori del piano di gestione del sito di importanza comunitaria “Linas – Marganai”, fra cui il padre della geopedologia sarda, prof. Angelo Aru, non certo le ultime professionalità nel campo della gestione ambientale del territorio. Il Commissario Pulina, genialmente, non ne parla. Noi, ottusamente, lo ricordiamo. La Giunta Pigliaru, coraggiosamente, tace.

Lo ripetiamo: all’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus – così come a tantissimi sardi (e non), esperti o semplici cittadini – non interessa fare polemiche.  L’abbiamo detto in mille occasioni e in mille modi. Interessa fare completa chiarezza e trasparenza sulla gestione presente e, soprattutto, futura delle nostre foreste demaniali. Quella chiarezza che, spiace rammentarlo, finora manca, nonostante i vari docenti universitari scomodati a dar buoni voti agli interventi di reintroduzione del governo a ceduo.

Bene ha fatto il Soprintendente per le Belle Arti e il Paesaggio di Cagliari arch. Fausto Martino a sospendere (come avevamo chiesto nel gennaio 2015) con ordinanza del 24 settembre 2015 i tagli boschivi nella Foresta demaniale del Marganai in quanto mai autorizzati sotto il profilo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), affermando che “non si tratta di un taglio colturale”, l’unico esente dalla necessità di conseguire la preventiva autorizzazione paesaggistica. E, su segnalazione del Soprintendente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari ha aperto un procedimento penale. Ma tutto questo è ottuso ricordarlo.

 

Stefano Deliperi, 12 Febbraio 2016