Addio Fidel, con la morte del Lìder màximo si chiude definitivamente la Storia del ‘900
E' morto Fidel Castro, il lider maximo si è spento nella sua casa all'Havana. Era malato da tempo.
Alle ore 4.29 ha smesso di battere il cuore di Fidel Alejandro Castro Ruz, meglio conosciuto in tutto il mondo come Fidel Castro, il Lìder màximo, colui che ha ideato, organizzato e realizzato una delle più importanti rivoluzioni politiche e sociali del ‘900: quella cubana. Per sue stessa volontà il suo corpo sarà cremato. A darne annuncio, in un video, è stato il fratello Raul. Il funerale sarà organizzato nella giornata di oggi dal comitato centrale che stabilirà una data per la funzione pubblica.
La morte di Fidel giunge al termine di oltre 90 anni di una vita senza dubbio straordinaria, che ha modificato il corso degli eventi su scala mondiale e che ha contribuito a scardinare certezze apparse per decenni di diamantifera durezza. Il compito di ricordare in poche righe la figura del comandante Castro è a dir poco titanico se non impossibile. L’eredità storica e politica lasciata, quest’ultima, dall’avvocato caraibico al fratello Raùl – l’8 febbraio 2008 Fidel ha rifiutato la rielezione alla presidenza del Consiglio di Stato e del consiglio dei Ministri, mentre il 19 aprile 2011, si è dimesso anche dalla carica di primo segretario del Partito Comunista Cubano –, è di così grande impatto nella storia di tutta l’umanità che riesce davvero impresa difficile giudicare il suo operato senza inciampare in celebrazioni o critiche cieche per il suo operato.
Senza dubbio la figura carismatica, le capacità di leader politico e capo militare di Fidel hanno fatto sì che un tentativo di liberazione dall’oppressore di turno nel Latino America e Caribe – all’epoca dei fatti era Fulgencio Batista, dittatore filo Usa e supportato dalla mala italoamericana –, si sia trasformato in un chiaro esempio di resistenza, determinazione e miglioramento delle condizioni di vita del suo popolo. Come detto subito prima è impossibile scrivere sulla figura di Fidel senza prender posizione e, per chiarezza con i lettori di Fanpage, chi scrive ha sempre guardato alla rivoluzione cubana con critico favore.
Tornando alla vita di Castro, è opportuno ricordare in primis il grande ruolo giocato nella formazione politica, più che militare, del giovane Fidel dal politico, scrittore e rivoluzionario cubano Josè Martì (leader del movimento per l’indipendenza cubana e considerato uno dei più grandi eroi nazionali) che segnò di fatto la strada maestra del cammino di lotta, prima, e rivoluzione, poi, di Fidel. Gli episodi salienti dell’avventura politica, militare e ormai storica del comandante Castro sono tanti. Tra questi è opportuno ricordare l’esperienza del M 26/7, ovvero del Movimiento 26 de Julio (organizzazione guerrigliera che si proponeva di proseguire la lotta contro la dittatura di Batista e che vede il suo atto di nascita il 26 luglio del 1953 nell’assalto alla caserma della Moncada, avvenuto a Santiago di Cuba, e ritenuto uno degli episodi fondanti della Rivoluzione cubana stessa), che portò alla morte in battaglia della gran parte degli assalitori oltre all’arresto di Fidel insieme a molti dei suoi compagni di lotta – tra i quali si ricorda Juan Almeida –.
Quell’evento, inoltre lo portò anche e alla maturazione del suo piano rivoluzionario che pochi anni dopo condusse allo scoppio della rivoluzione sull’Isola, alla cacciata del dittatore e all’instaurazione del regime castrista a Cuba. È infatti opportuno parlare solo in un secondo momento di regime comunista, perché Fidel – sempre di chiara estrazione marxista –, dichiarerà il carattere socialista della rivoluzione solo il Primo maggio 1961 e negli anni a seguire, per evidenti congiunture internazionali, decise di saldare l’asse con Mosca, prima che con le altre nazioni comuniste, al fine di bloccare la reazione violenta e militare mossa dagli Stati Uniti. Fidel Castro, infatti, ha rappresentato dal momento della presa del potere rivoluzionario a Cuba, ovvero il 16 febbraio 1959, il peggior incubo per ogni amministrazione nordamericana fino ad oggi.
Secondo le biografie ufficiali si contano almeno 638 tentativi da parte della Cia di uccidere direttamente o indirettamente (attraverso killer assoldati al momento o esuli cubani) il Lìder màximo. Tutti tentativi falliti, fino ad ora, miseramente e che non hanno fatto altro che rafforzare il potere e la figura di Castro agli occhi dei cubani e dei sostenitori della rivoluzione di tutto il mondo. Di certo l’episodio della Baia dei Porci, in cui l’allora presidente Usa John F. Kennedy diede il via libera alla disastrosa operazione paramilitare finalizzata alla distruzione del governo castrista rappresenta, ancora oggi, uno dei punti più alti di quella che – riprendendo le parole dello stesso José Martì – è stata definita dai sostenitori di Castro la guerra tra Davide e Golia.
Subito dopo, era il 1962, la crisi che più ha tenuto il mondo col fiato sospeso è stata quella cubana e legata all’iniziativa sovietica, all’epoca il segretario comandante del Pcus era Nikita Sergeevič Chruščëv, di armare sull’Isola le 140 testate nucleari di provenienza sovietica – di cui novanta tattiche –, per difendere Cuba da possibili nuove aggressioni di Washington e controbilanciare l’installazione in Italia e Turchia dei missili Usa Jupiter. È, per fortuna, storia nota che grazie al buon senso dei due massimi esponenti politici della guerra fredda, quindi Kennedy e Chruščëv, la catastrofe nucleare venne evitata così come l’Isola di Cuba non subì più diretti attacchi da parte Nordamericana. Da quel momento, tuttavia, si è aperta la dolorosa stagione dell’embargo economico che ha messo in ginocchio, a tutt’oggi, Cuba e la sua popolazione.
Troppo spesso, tuttavia, durante il trentennio che va dalla metà degli anni ’60 alla metà degli anni ’90, viene in qualche modo dimenticato da storici, giornalisti e cineasti (si pensi su tutti a Oliver Stone) mettendo in secondo piano quanto realizzato in questo arco temporale anche per la presenza delle figura eroica di Ernesto Che guevara. È tuttavia un errore, a parere di chi scrive, vedere in maniera monolitica il grande buio, perché si possono individuare una serie di percorsi storici tra la metà degli anni ’70 e gli anni ’80 in cui Fidel dimostra di avere un propria autonomia anche dal blocco sovietico. Si pensi ad esempio al periodo compreso tra il 1975 e il 1988 in cui Cuba decide di intervenire anche militarmente in Africa al fianco del governo dell’Angola e contro l’esercito Sud Africano dell’apartheid rompendo gli equilibri rispetto allo scenario internazionale, oppure quando – nella seconda metà degli anni ’80 – il comandante decise di non seguire pedissequamente il nuovo corso intrapreso da Michail Sergeevič Gorbačev, intraprendendo invece un percorso di riforme del sistema economico tutte concepite in salsa cubana.
La determinata ostinazione di Fidel nel portare avanti il progetto rivoluzionario ad ogni costo, l’eccezionale capacità oratoria e il sostanziale appoggio di gran parte della popolazione ha fatto sì che il comandante nativo di Biràn abbia sempre goduto di grande credito tra la sua gente. Se si mette da parte la posizione dominante e propagandata dal mainstream imposto da Washington (tra gli innumerevoli esempi, basti ricordare che nel 2005 la rivista Forbes inserì Castro nella lista dei “re, regine e dittatori” più ricchi del mondo, attribuendogli un patrimonio prima pari a circa 550 milioni di dollari, poi nel 2006 pari a 900 milioni di dollari, ma che dopo le smentite dello stesso Castro e le sue contro accuse il giornale fu costretto ad una misera retro marcia in una memorabile intervista alla BBC dove un portavoce della rivista finanziaria ammise che il giornale “non aveva alcuna prova che Castro avesse nascosto denaro in conti bancari all’estero”), l’opinione più diffusa tra addetti ai lavori e conoscitori della realtà dell’Isola è che le riforme sanitarie e dell’educazione condotte sotto la guida di Fidel abbiano contribuito a migliorare in modo sensibile la vita a Cuba, oggi ritenuta – secondo dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità – tra le migliori del Continente (si pensi all’elevato livello della sanità nazionale, che prevede che tutti i cubani ricevano latte quasi gratis fino all’età di sette anni, mentre il tasso di mortalità infantile cubano risulta essere il secondo più basso delle Americhe dopo il Canada).
Il peso politico che Fidel porterà per sempre riguarda la limitazione delle libertà personali e della libertà di espressione che, oltre le solite esagerazioni dell’occidente, effettivamente gravano sulla vita di migliaia di persone. Basti pensare oltre all’incarcerazione dei dissidenti, (circa una cinquantina prima del recente disgelo tra il Governo di Cuba e l’amministrazione Obama, oggi quasi tutti in via di scarcerazione) che in molti casi non vengono riconosciuti come tali, ma “semplicemente” come criminali antirivoluzionari comuni, alla posizione di Fidel sulla comunità Lgbt, condannata fino agli anni ’70 come innaturale (di recente, tuttavia, Castro ha fatto pubblicamente mea culpa per questa posizione, e oggi Cuba è una delle nazioni del continente Americano più all’avanguardia nelle tematiche legate alla sessualità).
Questo punto è imprescindibile, senza dubbio, nel giudizio complesso di un leader che ha combattuto tutta la vita contro una potenza economica prima che politica immensamente più grande senza mai inciampare, ad esempio, nel culto della personalità come invece è avvenuto in Unione Sovietica, al tempo di Stalin, in Cina al tempo di Mao e in Corea del Nord oggi. A Cuba infatti non ci sono strade, piazze o monumenti dedicati al Lìder màximo. La complessa eredità che Fidel Castro lascia al mondo è di certo un’eredità complessa, che per molte luci ospita – come forse naturale che sia – ombre di non secondo piano. Tra le tante frasi celebri di Fidel ce n’è una che, secondo l’opinione di chi scrive, riassume efficacemente il senso del suo agire politico: “Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà”.
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