Alghero: chiuso per riposo semestrale
Una classe politica che non sa programmare il futuro della città, un'opposizione che non sa proporre, unacomunità che non sa reagire. Alghero si prepara al lungo sonno invernale.
Sono nato su una piccola isola; in un luogo, dove il rapporto con il mare, diventa subito vitale. Appena vieni al mondo. Una simbiosi immediata, repentina, che, giorno dopo giorno, ti trasforma da dentro, segnandoti per la vita. Un’impronta indelebile; una traccia, che rimane lì, sul tuo animo, silente e discreta fino al momento in cui, tuo malgrado, dovessi mai decidere, di allontanarti da lui.
E’ in quel momento, che lei prende vita; trasformandosi in solco profondo e sanguinolento. Una ferita che non rimargina, e non può rimarginare, se non riconsegnandoti nuovamente a lui: il mare. Ed è stato proprio quel richiamo silenzioso, il suo bisogno imprescindibile, a condurre qui la mia famiglia, nei primi anni ’70. La qualità del vivere, un ambiente unico, insieme a buone prospettive di sviluppo per il futuro, la attirarono e la convinsero a crescervi i propri figli, tra cui me.
A quel tempo, erano in molti a scegliere Alghero come luogo di residenza. Al contrario di oggi, dove gli abitanti, rimasto loro soltanto l’unicità dell’ambiente ed un clima invidiabile, ma senza più futuro, se possono, scappano; lasciando spazio ai visitatori esterni. Di quelli che soggiornano una settimana al massimo. Ne vengono tanti: circa trecentomila ogni anno, tra aprile e ottobre; escluso cioè, il periodo di chiusura per riposo semestrale.
Si, perché anche questa è una delle particolari caratteristiche di Alghero. Una di quelle che la distingue, seppur in negativo, da tutte le altre località di mare. Quelle cittadine abituate a lavorare sodo anche nel semestre freddo, per essere pronte a raccogliere buoni frutti, in quello caldo. E dove chi deve, dopo un meritato periodo di ferie, si occupa di analizzare le cose andate bene e non, per poterle poi correggere nella stagione successiva. Ciascuno, nella sua area di competenza. Amministratori, imprenditori, commercianti, ristoratori, e tutta la comunità, partecipano attivamente a questo importante lavoro di preparazione.
Ma non ad Alghero. No. Ad Alghero questo non succede da qualche lustro. Almeno da quando si è spenta la luce della programmazione e della politica vera. Gli altri si evolvevano, noi no. Gli altri si dotavano di infrastrutture adeguate, noi no. Gli altri si dotavano di zone d’espansione per il commercio ed i servizi, noi no. Ora gli “altri” fanno affari con i bisogni degli algheresi, noi no e i negozi che danno servizio ai residenti, chiudono; uno dopo l’altro, per mancanza di clienti. O meglio, per migrazione verso i negozi degli “altri”. I posti lasciati vuoti, vengono si rimpiazzati, ma da esercizi commerciali destinati ai turisti. Magliette, bigiotteria e cibo lowcost.
Ecco che dal 15 ottobre, giorno in cui decolla per il Nord Europa l’ultimo volo charter, la città si trasforma in un triste e solitario mega dormitorio. Cade in un sonno profondo, da cui si risveglierà, come noto, solo ai primi rintocchi delle campane a festa per la Santa Pasqua. In questo grande torpore, gli amministratori pubblici, anziché illuminare e guidare, continuano a gettare ombra; nel segno della tradizione. L’opposizione, anziché proporre, sbadiglia; e nel farlo, ogni tanto urla. I residenti, stanchi e disillusi, migrano. Per lavoro, per svago, o per fare shopping, ciò che conta è evadere da Alghero ed incontrare la vita.
Basta uscire una sera, per rendersene conto. A passeggio per il centro, si ha la sensazione di trovarsi in una città decimata da qualche catastrofe epocale. Poche luci, pochi sopravvissuti in giro, ma sopratutto pochissimi giovani in fascia d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. Il nostro futuro più prossimo se n’è andato via. Emigrato in Germania, Olanda, Regno Unito. Lontano da qui e ovunque ci siano persone ed amministratori capaci di offrirgli speranza di vita migliore.
Quello che Alghero è oggi, è il frutto avvelenato di ciò che non è stato fatto ieri. Perciò, dico, sarà bene che tutti insieme ci mettiamo a fare qualcosa oggi, per poter stare meglio domani.