Autonomia differenziata, perchè no
L'opinione di Vittorio Guillot
Personalmente sono favorevole alla autonomia delle Regioni e persino a quella dei Comuni. Occorre, però verificare come essa può essere attuata e come l’interesse locale può essere armonizzato ed articolato con quello nazionale. Premetto che francamente, almeno per come è stata proposta non apprezzo affatto la ‘Autonomia Differenziata’, tanto cara alla Lega. In linea di principio l’idea della autonomia mi piace se è tesa a conoscere adeguatamente i problemi locali ed a difendere, valorizzare ed utilizzare al meglio le potenzialità culturali economiche ed umane dei territori e ad assicurare la loro gestione alle popolazioni, meglio se articolate secondo le categorie socio economiche che producono lavoro e ricchezza. Il centralismo statalista, invece è lontano da una altrettanta adesione e comprensione dei problemi e delle potenzialità locali. Comunque sono certo che se ci limitasse, come è avvenuto finora, a trasferire in sede regionale o comunale il sistema partitocratico con i difetti e le inefficienze che caratterizzano lo stato centrale e su cui si poggia anche il potere dei politicanti locali, quei difetti ed inefficienze verrebbero moltiplicati per tutte le Regioni e Comuni.
Quindi, a mio avviso, occorrerebbe una ben più profonda riforma dello Stato, che neppure il così detto ‘governo del cambiamento’ si sogna di proporre. Non posso, però, non tenere in considerazione che, accanto agli interessi locali, esiste un interesse nazionale, in cui deve essere compreso l’interesse delle comunità locali, che lo Stato deve assolutamente rappresentare e difendere. Non possiamo dimenticare che l’unità di Italia, attuata dal Risorgimento, anche se con gravi errori, si rese necessaria per raggiungere la libertà, la democrazia e lo sviluppo socioeconomico e, quindi, per costituire una protezione contro la egemonia e la aggressività di potenze imperialiste straniere. Questa considerazione mi sembra valida anche oggi, seppure lo scenario internazionale sia completamente cambiato e sia stata costituita una Unione Europea, in cui, però, è ancora forte la competitività tra stati e la tentazione egemonica di alcuni di essi. Quindi mi sento favorevole ad uno Stato nazionale unitario, magari federale od articolato da marcate autonomie, che, nell’interesse collettivo, tenga insieme le diversità locali per favorirne le sinergie.
In questo quadro ben vedrei una chiara e netta individuazione degli interessi e delle competenze che si esauriscono nell’ambito rispettivo di Regioni e Comuni e di quelli che, invece devono far capo solo ed esclusivamente ad un forte Stato. Piuttosto, in una ottica solidaristica ma contraria ai parassitismi, sarei senz’altro favorevole alla attuazione di Piani di Sviluppo concordati tra Stato e Regioni, o, addirittura tra Regioni e Comuni, garantiti da sanzioni per le responsabilità per il mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti e dai rimborsi dei prestiti o, perché no, da premi per eventuali pregevoli risultati. Detto per inciso, questo Stato, se si vuole difendere l’interesse nazionale dalla egemonia delle superpotenze vecchie e nuove e dalla opprimente invadenza delle multinazionali, non può permettersi di non far parte di una Unione Europea, magari molto diversa da quella attuale e più rispettosa delle specificità nazionali e locali, ma che abbia una sua politica estera, anche militare ed economica.
Non amo affatto, invece, la proposta leghista di ‘Autonomia Differenziata’, secondo la quale, se ho ben capito, certe Regioni possono addirittura porre il veto su materie di competenza dello Stato, in particolare su quelle che riguardano le infrastrutture statali e la tutela dell’ambiente. Non mi va giù neppure che una Autorità Centrale non debba controllare il modo in cui le Regioni vengono amministrate e non possa intervenire per correggere e sanzionare le violazioni commesse. Questo atteggiamento che, mi sembra, implichi persino ed assurdamente lo smantellamento del sistema di istruzione nazionale e di quello sanitario, è figlio del vecchio separatismo di marca leghista, decisamente contrario alla integrazione tra tutte le Regioni Italiane ma inevitabilmente teso ad accentuare il divario tra quelle del Nord e quelle del Sud e, in definitiva, alla disgregazione della unità nazionale. Disgregazione antistorica e che, causando un indebolimento dell’intera compagine, danneggerebbe persino le Regioni più ricche che resterebbero esposte, da sole, alle pressioni di ben più forti compagini straniere. Oltre a queste considerazioni, sottolineo che la minacciata ‘Autonomia Preferenziale’ accordata ad alcune Regioni avrebbe inevitabilmente delle ricadute anche su tutte le altre, dati i rapporti, appunto ‘differenziati’ che lo Stato dovrebbe avere con esse.
Di conseguenza anche le altre Regioni, e non solo lo Stato Centrale, dovrebbero essere pienamente coinvolte nelle decisioni che riguardano questa faccenda. Infine, da sardo, non manderei proprio giù che i nostri rappresentanti in Consiglio Regionale on in Parlamento e Governo non si opponessero ad un simile progetto di autonomia, che si inquadra perfettamente nella mentalità di chi ragiona più o meno così: “L’Italia è sbranata dai terroni, sardi compresi. Sbranare l’Italia rende bene, quindi togliamo l’affare ai terroni, sbraniamo noi le ricchezze regionali del Nord e gli altri…. Si fottano! “Temo, però, che a chi ragionasse così resterebbe in bocca un boccone avvelenato.