Covid, DaD e voglia di tornare tra i banchi

L'appello di tre maestre sarde sull'attuale situazione legata all'emergenza

Siamo tre maestre sarde; vi abbiamo contattato perché, in questo delicato momento storico (e non solo in questo … ) ci risulta arduo ottenere la giusta attenzione da parte delle istituzioni (Ministero, Regione, Comune) che si occupano di Scuola Pubblica.

Noi insegniamo in una scuola elementare di una località costiera della Sardegna nord-orientale e, come tante altre, abbiamo chiuso i battenti il 4 Marzo 2020. Da quel momento ci è stato chiesto, spesso con insistenza, di trasformarci in tele-docenti e di ‘connetterci’ con i nostri alunni, proiettando i nostri volti e le nostre voci nelle loro case.

Pur facendo del nostro meglio per mantenerci in contatto con i bambini, anche a scapito della privacy nostra e delle loro famiglie (complessa risulta, difatti, la questione del trattamento dei dati sensibili da parte di alcune ‘piattaforme’ in uso presso diverse, istituzioni scolastiche) notiamo, purtroppo, che questa recente, neonata didattica a distanza non è in grado di riprodurre neanche lontanamente quanto avviene tra le mura scolastiche, ovvero un processo d’insegnamento/apprendimento che passa attraverso la cooperazione, il confronto immediato, le emozioni, il gioco e i legami affettivi, i quali non attraversano lo schermo di un pc o di un tablet, poiché non accade di rado che una lezione, nella fattispecie, prenda forma a partire dalla domanda di Peppe, dal dubbio di Checco o dalla battuta di Lello … La formazione dei bambini dai sei agli undici anni non può essere ridotta ad una pura trasmissione di nozioni matematiche, scientifiche o di un corretto uso dell’ortografia: senza le dinamiche relazionali che si creano dentro una classe, possiamo tentare di impartire tutti i contenuti possibili, ma essi saranno destinati a restare “senza anima”.

Nel nostro contesto geografico, le piccole scuole con meno di cento alunni hanno già chiuso da tempo perché, stando a quanto riferito dagli enti locali, comportavano costi di gestione insostenibili. Ma i fondi per mandare avanti la didattica a distanza si trovano, eccome! E anche quelli per far ripartire il turismo ‘a prova di Covid19!

La riapertura dei plessi scolastici minori, sarebbe, invece, un’ottima soluzione (o almeno, una delle migliori) per garantire a tutti il sacrosanto diritto allo studio, mantenendo al contempo il distanziamento necessario a limitare il rischio di contagio (non siamo noi insegnanti ad averlo pensato per primi, tant’è che già diverse amministrazioni comunali hanno preso in seria considerazione tale ipotesi).

Noi, personalmente, abbiamo un bisogno estremo di riappropriarci fisicamente delle nostre aule per poter svolgere con efficacia il nostro lavoro, perciò chiediamo a chi di dovere di preoccuparsi meno dell’ampliamento della banda larga e di porre fine all’annoso problema delle classi ‘pollaio’ che mal si conciliano con la didattica (tanto più col coronavirus), di occuparsi della messa in sicurezza e dell’eventuale ampliamento degli edifici scolastici e dell’assunzione di tutto il personale docente e ATA che occorre.

Chi volesse approfondire l’argomento, può leggere il testo integrale della petizione da noi lanciata il 27/04/2020, la quale ha già raccolto ottocentocinquanta firme ( qui il link: http://chng.it/xXbHMsBs ): essa riporta, in sintesi, una serie di dubbi, considerazioni ed esigenze (anche pregresse) emerse da un aperto confronto tra numerosi docenti italiani. Speriamo davvero che le sorti della scuola pubblica interessino ancora agli italiani e a chi li governa.

Giovanna Magrini, Lourdes Ledda, Daniela Marras (maestre di Torpè, Siniscola e Borore)

1 Giugno 2020