Cuore e aritmie: colpa di 11 geni
I nostri geni sono in grado di influenzare le pulsazioni cardiache e produrre effetti sul ritmo del cuore. La certezza è arrivata a conclusione di uno studio che ha coinvolto 213 centri di ricerca in tutto il mondo. Anche l’Università degli Studi di Sassari ha contribuito a questo sforzo collettivo, coordinato dal Mount Sinai Hospital di New York, attraverso l’impegno del professor Nicola Glorioso, Ordinario di Medicina interna, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza nell’Ateneo di Sassari e responsabile del “Programma Aziendale Ipertensione Arteriosa e Malattie Correlate” della Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU) di Sassari.
“Abbiamo scoperto che i geni influenzano sia la frequenza dei battiti cardiaci, sia la conduzione dello stimolo elettrico che fa contrarre il cuore, sia le alterazioni del ritmo cardiaco. Di queste ultime, la più diffusa è la fibrillazione atriale, una patologia cardiaca che fa battere il cuore disordinatamente, a volte con frequenza anche molto alta e che, oltre ad essere molto fastidiosa, comporta, se non curata adeguatamente, un alto rischio di danni gravi ai nostri organi più importanti”, spiega il professor Glorioso. Nell’ambito del programma “Ipertensione arteriosa e malattie correlate” dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari, i cardiologi Nicola Glorioso, Giuseppe Argiolas e Chiara Troffa hanno lavorato alla ricerca per cinque anni, attraverso il campionamento di migliaia di individui, sia sani sia affetti da patologie cardiache. In tutto, sommando l’attività dei diversi centri coinvolti, sono state sottoposte ad analisi più di 180mila persone.
“Abbiamo valutato un milione di “marcatori genetici” su tutti i cromosomi lungo tutto il genoma per ogni individuo, identificando 11 gruppi di geni che si associano alla regolazione della frequenza cardiaca e, attraverso di essa, alla produzione di varie malattie del ritmo cardiaco”. Questi dati, verificati su modelli sperimentali animali, aprono nuovi scenari anche di tipo terapeutico nel campo della farmacogenomica cardiovascolare: l’identificazione della base genetica della malattia, infatti, potrebbe consentire la formulazione di nuovi farmaci antiaritmici specifici, più efficaci e che presentino al contempo meno effetti collaterali. “Si tratta di informazioni che necessitano sicuramente di ulteriori studi e approfondimenti. Oggi viene curata con rimedi non mirati e non ideali per il singolo paziente, con risultati molte volte del tutto deludenti. In pratica, i farmaci contro la fibrillazione atriale comunemente utilizzati hanno più che altro un effetto palliativo. Ma il futuro potrebbe essere diverso dato che la conoscenza di una possibile base genetica per le malattie del ritmo cardiaco, fibrillazione atriale inclusa, e la conseguente migliore conoscenza dei meccanismi che le regolano permetteranno la creazione di nuovi farmaci più efficaci e meno fastidiosi.