Doppia preferenza di genere: two gust is megl che one?

Precedenti, efficacia, perplessità...

La campagna elettorale entra nel vivo, e la città tutta si chiede chi sarà il prossimo sindaco di Alghero; ma l’unica vera novità del prossimo spoglio sarà la doppia preferenza di genere. Una novità di cui si parla, forse, troppo poco e che rischia di influenzare pesantemente la composizione del prossimo consiglio comunale.

La legge. L’introduzione delle doppia preferenza per le elezioni comunali è avvenuta grazie alla legge n. 215 approvata il 23 novembre del 2012, con lo scopo di «promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali». In sostanza, il provvedimento sancisce due novità sostanziali per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti: – la possibilità di indicare due nomi sulla scheda elettorale, appunto, purché appartenenti alla stessa lista e di sesso opposto. Pena: l’annullamento della seconda preferenza; – la cosiddetta quota di lista: nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi.

I primi effetti. L’assoluta novità dello strumento, e la conseguenze assenza di riferimenti storici, impediscono valutazioni di carattere generale; tuttavia i primi dati offrono alcuni spunti sulla sua efficacia.

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Il rendimento della doppia preferenza nei 16 capoluoghi al voto nel 2013 non lascia dubbi. La rappresentanza femminile, come valore assoluto, è sostanzialmente raddoppiata; non si intravedono, inoltre, discrepanze a livello geografico, se non in positivo: nell’area meridionale, il dato è addirittura quattro volte superiore rispetto al recente passato.

 

Tabella2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La rappresentanza di genere, sezionata per aree politiche, rafforza ulteriormente quanto detto finora. Sebbene si partisse da una situazione leggermente favorevole al centro-sinistra, l’introduzione della doppia preferenza ha avuto esiti positivi in via del tutto trasversale. È opportuno precisare che le due tabelle non offrono certezze assolute visto che, come spiegano i ricercatori del Cise, «gli elementi che compongono la legislazione elettorale hanno bisogno di tempo per dispiegare i propri effetti». In ogni caso, «nonostante l’assenza di una serie storica e nonostante la valenza locale del voto, il meccanismo delle doppie preferenze si candida ad essere un ottimo strumento nel riequilibrio di genere, all’interno delle istituzioni rappresentative». Un’ulteriore prova dell’influenza della legge è data dai risultati delle amministrative nei sette comuni sardi superiori ai 5.000 abitanti andati al voto sempre nel 2013: Iglesias, Assemini, Maracalagonis, Macomer, Decimomannu e Cabras. Da un dato di partenza 122 uomini e 14 donne (10,3%), si è passati a 72 consiglieri di sesso maschile e 40 di sesso femminile, con una percentuale del 35,7%, quindi più che triplicata. Se si osserva che con le elezioni regionali di febbraio, in cui era possibile esprimere solo una preferenza, le donne elette sono state 4 su 60, la difformità è lampante. Se il buongiorno si vede dal mattino…

Alcune perplessità.  Ovviamente, non mancano polemiche e perplessità. È evidente che ci si trovi di fronte ad uno scrutinio “dopato”, poiché non tutti gli elettori esprimeranno necessariamente due preferenze. Inoltre, l’obbligo di indicare due candidati di sesso opposto, potrebbe aprire corsie preferenziali al gentil sesso, sfavorendo i candidati virili (ma questo è, in effetti, lo scopo esplicito della legge). Se le famigerate quote rosa rappresentano un’evidente forzatura, seppur attuata con tutte le migliori intenzioni del mondo, la doppia preferenza di genere pare un discreto compromesso per abituare l’elettorato a una costante presenza femminile nelle istituzioni; purché sia un compromesso di transizione e non destinato a perpetrarsi in saecula saeculorum. Un altro punto debole della legge riguarda la tracciabilità del voto e la possibilità dell’acuirsi del triste fenomeno del voto di scambio. Sicuramente la Sardegna non presenta un mercato di voti tanto florido e brulicante come altre aree del Mezzogiorno; è però anche vero che, in caso di una seconda preferenza sospetta, la scheda non verrà annullata nella sua valenza totale. Ne consegue che il primo nome, se valido, verrà in ogni caso convalidato. Ne conseguono tante cose. E poi, c’è un paradosso democratico. Potremmo definirlo “teorema del tandem” e riassumerlo in poche parole: 2 candidati della stessa lista e di genere opposto, sostenuti da 100 elettori ciascuno, possono valere più di 1 candidato sostenuto da 199 elettori, condividendo i loro simpatizzanti e ottenendo 200 preferenze pro capite.

E questo ci porta dritti verso i possibili scenari: c’è chi ha deciso di giocare “l’accoppiata” e di andare a braccetto con un candidato del sesso opposto, condividendo manifesti elettorali, conferenze stampa, programmi e preferenze. C’è chi, invece, ha optato per una scelta alternativa, poligama se vogliamo, abbinando il suo nome a più candidati del sesso opposto. Quali che siano strategie e soluzioni dei candidati, i dati di cui siamo in possesso evidenziano, senza alcun dubbio, l’efficacia della legge, che assolve perfettamente al suo compito: incrementare la rappresentanza femminile nelle istituzioni. Ma le perplessità restano: passaggio necessario nell’evoluzione culturale di un popolo o forzatura demagogica senza un reale riscontro a lungo termine? Correva l’anno 1995, un giovane Stefano Accorsi recitava nello storico spot del maxibon: «Granel, stracciatel: two gust is megl che one». Sicuri?

Ignazio Caruso, 5 Maggio 2014