Dottori di ricerca, terza indagine nazionale dell’associazione ADI
La presentazione ufficiale della terza indagine dell’Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani (ADI) su dottorati e post doc è stata l’occasione non solo per presentare i dati nazionali su una materia poco conosciuta, ma anche per fare il punto sulle conseguenze che la riforma Gelmini sta avendo sulla ricerca scientifica nelle Università. Se ne è parlato martedì 5 marzo nell’Aula Eleonora d’Arborea, nella sede centrale dell’Università di Sassari. I dati sono stati illustrati dal presidente dell’ADI Sassari, Marco Calaresu, assieme al responsabile nazionale della comunicazione dell’ADI, Alessio Rotisciani, al rappresentante degli studenti in Senato accademico, Gabriele Casu, e al rappresentante dei dottorandi nel Consiglio degli studenti, Salvatorico Ratzu.
Dopo l’introduzione a cura di Marco Calaresu, ha preso la parola il Rettore dell’Ateneo Attilio Mastino, che ha evidenziato le conseguenze della riforma prossima dei dottorati di ricerca: “La riforma introduce una serie di indicatori che anziché aumentare il numero dei dottorandi finiranno per limitare le scuole, le borse di studio e gli allievi. L’Ateneo intende difendere il patrimonio di esperienze e di relazioni fin qui messe in campo, cercando di mantenere le 11 scuole di dottorato oggi esistenti, magari con una razionalizzazione degli obiettivi e una verifica della produttività dei dottorandi e dei docenti”. Il Rettore ha citato i dati diffusi dal Consiglio universitario nazionale il 30 gennaio: “Il sottofinanziamento delle università si evince dal calo della percentuale del Pil dedicata al questo settore: era allo 0,8% nel 2009 (dati CUN), è diventata dello 0,6% nel 2013 (dati CRUI). Al contempo, si noti che nei Paesi Ocse si investe nella formazione universitaria l’1,5% del Pil”. Nel constatare con amarezza il precariato crescente nelle Università di dottorandi, assegnisti e ricercatori, il Rettore si è complimentato con l’ADI per la ricchezza dei dati raccolti e il grande impegno profuso nell’indagine su 21 atenei italiani, e ha raccomandato all’associazione di adoperarsi per far emergere i tanti elementi di novità contenuti nelle ricerche scientifiche portate avanti dai dottorandi e dai dottori di ricerca.
Alessio Rotisciani ha messo in evidenza la diminuzione delle borse di studio per i dottorati di ricerca tra il XXIV ciclo (5.045) e il XXVIII ciclo (3.804): la variazione percentuale è pari a -24,33%. Inoltre, nei 21 atenei italiani considerati nel campione d’indagine, per il 2013 si contano 3.030 posti di dottorato senza borsa, per i quali è previsto il pagamento delle tasse universitarie. L’importo mediamente negli ultimi anni secondo l’ADI è aumentato ed è destinato a crescere ancora. L’associazione propone dunque di eliminare l’obbligo del pagamento delle tasse per i dottorati senza borsa.
Un’altra riflessione sollecitata da Alessio Rotisciani riguarda l’articolo 19 della riforma Gelmini (legge 240/2010), che abolisce una precedente normativa in base alla quale la metà dei posti di dottorato doveva essere bandita con borsa di studio. In definitiva, risulta che le prospettive dei dottori di ricerca e degli assegnisti di ricerca nel post doc sono ben poco allettanti: su 13.400 assegnisti, solo il 7 % saranno reclutati come ricercatori a tempo indeterminato, mentre il 15 % ha un destino di ricercatore a tempo determinato (un binario morto dopo la legge 240/2010) e si aggiungono al 73 per cento degli assegnisti che non hanno alcuna speranza di entrare in pianta stabile nel mondo della ricerca universitaria In tutto, l’emorragia di giovani dottori e ricercatori e la loro uscita degli atenei, dopo una lunga formazione, ammonta al 93 per cento del totale.
Tutti i dati sono contenuti nel rapporto liberamente consultabile e scaricabile da questo link:
http://www.dottorato.it/documenti/speciali/TerzaIndagineADI.pdf