Ex tipografia Chiarella, in arrivo 570 mila euro per ultimare i lavori
Le opere di ristrutturazione si erano interrotte per la campagna di scavi che ha portato alla luce i resti del carcere di San Leonardo che funzionò dal 1300 al 1800.
Un edificio che abbraccia tutta la storia della città e può diventare un vero e proprio strumento attraverso il quale leggere il passato di una Sassari medievale e moderna. Un palazzo che, dietro la sua facciata Ottocentesca, ha “nascosto” per secoli le tracce di una storia che ora riaffiora con tutto il suo mistero, quella del carcere di San Leonardo.
E’ il palazzo Clemente di via al Carmine che, sino alla fine degli anni Novanta, ha ospitato l’ex tipografia Chiarella che chiuse definitivamente i battenti il 30 giugno 1998. Ancora prima i suoi locali ospitarono appunto l’opificio dei fratelli Clemente, falegnami dalle mani abili che, dalla seconda metà dell’Ottocento sino ai primi anni Trenta del Novecento, realizzarono mobili di pregio esportati anche fuori dall’isola. Enrico Costa, nel volume su Sassari dedicato all’Industria, parla dei Clemente definendoli artigiani che «sebbene giovani assai, avevano dato già prova di buon gusto e di genialità nella lavorazione dei mobili».
Nei progetti dell’amministrazione comunale, il palazzo è destinato a ospitare una biblioteca che si collegherà, al piano terra e al primo piano, alla biblioteca comunale di palazzo Manca d’Usini, in piazza Tola. A opere ultimate, si realizzerà un polo della cultura in grado di valorizzare il centro storico della città e di offrire uno spazio innovativo per lo studio e l’informazione. Nei giorni scorsi la quarta commissione presieduta dal consigliere Francesco Era, con l’assessore ai Lavori pubblici Ottavio Sanna, ha fatto un sopralluogo nella struttura nella quale, dal 2008, sono iniziati i lavori di recupero e restauro.
Lavori che, ha spiegato l’architetto del Comune Roberta Omoboni, hanno subìto un rallentamento per l’avvio di una campagna di scavi che ha portato alla luce i resti dell’antico carcere di San Leonardo, sulle cui fondamenta i Clemente avevano eretto la loro falegnameria. Al sopralluogo era presente anche l’ingegnere del Comune Ica Sanna.
Gli scavi hanno fatto riaffiorare numerosissimi reperti come pettini, medaglioni in bronzo e pipe in terracotta che sono stati catalogati e consegnati alla Soprintendenza ai beni archeologici. Sono state ritrovate, inoltre, quindici cisterne campaniforme per la raccolta dell’acqua quindi sono state individuate alcune stanze che, all’epoca del carcere dovevano essere delle celle. Inoltre, nell’area più bassa degli scavi, sarebbe stata trovata quella che lo storico Enrico Costa chiama «la prigione della bòvida (della volta)», profonda non meno di cinque metri e all’interno della quale in molti venivano gettati per poi morire.
«L’intenzione dell’amministrazione – ha detto l’assessore ai Lavori pubblici Ottavio Sanna – è quella di mantenere il progetto iniziale che consentirà di realizzare l’ampliamento della biblioteca che sarà così più ampia e funzionale, con tecnologie all’avanguardia. Siamo riusciti a ottenere un ulteriore finanziamento di 500 mila euro al quale si aggiunge uno stanziamento di fondi comunali di 70 mila euro». Fondi che si aggiungono agli oltre 3,7 milioni di euro che l’amministrazione comunale ha ottenuto negli anni passati grazie ai finanziamenti Por 2007-2013.
«E’ una struttura storica bellissima di circa 2400 metri quadri – ha aggiunto il presidente della commissione Francesco Era – dove si possono scorgere ancora i segni dell’archeologia monumentale, industriale e artigianale, una specie di museo a cielo aperto, dove sarà allestita una grande biblioteca nel cuore del centro storico cittadino». Al suo interno sono ancora visibili alcuni macchinari utilizzati dagli operai della tipografia Chiarella.
Più antichi, invece, un basso rilievo ritrovato al piano terra e i disegni che, con molta probabilità, possono essere attributi ai detenuti del carcere che dovette funzionare dal 1300 sino alla prima metà del 1800. I lavori di completamento, che dovrebbero partire entro l’anno, saranno effettuati dalla stessa ditta che ha eseguito le prime opere e la campagna di scavo archeologico. I fondi dovranno servire per le opere di pavimentazione e l’impiantistica elettrica.