Facebook, multata per aver pubblicato la foto di una macchina della polizia in divieto di sosta
Una donna del sud-est della Spagna è stata multata per aver pubblicato su Facebook la foto di una macchina della polizia posteggiata in un parcheggio riservato ai disabili. Nel corso delle 48 ore successive alla pubblicazione, alla donna è stata recapitata una multa da 800 euro.
Ormai quotidianamente assistiamo a post di denuncia pubblicati sui social network, uno spazio pubblico dove questi contenuti hanno la possibilità di circolare liberamente e ottenere una notevole visibilità, anche virale. In Spagna, però, una nuova legge ha reso più rischiosa questa pratica, soprattutto quando al centro di queste denunce ci sono i poliziotti. Lo deve aver capito bene una residente del sud-est della Spagna che recentemente è stata multata per aver pubblicato su Facebook la foto di una macchina della polizia posteggiata in un parcheggio riservato ai disabili. “Possono posteggiare dove gli pare e non vengono nemmeno multati” ha scritto a corredo del post.
Nel corso delle 48 ore successive alla pubblicazione, alla donna è stata recapitata una multa da 800 euro. La colpa è della nuova legge – la Citizens Security Law – che proibisce l’utilizzo non autorizzato di immagini della polizia che possano mettere a repentaglio la sicurezza degli agenti, della loro famiglia o di un edificio appartenente alla polizia”. Insomma, una foto su Facebook può danneggiare la reputazione degli agenti, come confermato anche da un portavoce della polizia spagnola: “Avremmo preferito una soluzione diversa, ma hanno il diritto di imporre la multa”.
Riguardo all’occupazione del posto per disabili, il portavoce ha spiegato che gli agenti stavano rispondendo ad un atto di vandalismo segnalato in un parco vicino. In una situazione d’emergenza, ha spiegato il portavoce, gli agenti possono posteggiare dove vogliono in modo da rispondere alla chiamata con il tempismo adeguato. La legge in oggetto è stata vista come una mossa per soffocare le proteste politiche ed è stata fortemente criticata da giudici, avvocati ed esperti di diritti, ma anche da organizzazioni come Amnesty International. La legge può portare a multe dai 600 euro ai 30 mila euro.
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