Gioco di Squadra: la grande assenza
Nel “tutti contro tutti” generale, il consiglio comunale si distrae e perde il sostegno della cittadinanza. Troppi cento euro a seduta per produrre solo chiacchiere.
Ognuno di noi è un individuo unico e inimitabile, e di ciò, dovremmo andarne fieri. Non solo: dovremmo imparare a valorizzare più e meglio questa nostra unicità, senza voler rincorrere, al contrario, i modelli proposti quotidianamente, attraverso il canale mediatico-commerciale. Sapersi accettare per quel che si è, è risaputo, diventa il primo passo verso lo star bene con se stessi e, di conseguenza, con gli altri. Tutto ciò, non ha valore solo per quel che riguarda l’aspetto fisico, ma anche e soprattutto per quel che riguarda doti caratteriali, capacità innate e talenti specifici. Il mix sempre diverso di queste caratteristiche, fa di noi, individui in apparenza simili, ma così straordinariamente unici. Una unicità, però, che se da un lato rappresenta uno dei nostri principali punti di forza, dall’altro, ne diventa il limite più grande; rendendoci, così ordinariamente deboli e vulnerabili. Quando le sfide si fanno complesse, infatti, le abilità richieste per superarle, diventano molteplici e solo la presunzione, può farci credere di possederle tutte.
Per questo, l’uomo, fin dagli inizi della sua storia, ha sempre cercato di unirsi ad altri individui: in famiglie, in tribù, in clan. Insomma, in gruppi di persone all’apparenza simili, ma comunque diverse, dove ciascuno metteva a disposizione degli altri le proprie doti migliori. Un concetto semplice, quasi banale, che però ha permesso all’uomo primitivo di affermarsi su tutte le altre specie animali. Un concetto che, ancora oggi, sta alla base del successo di imprese all’apparenza impossibili; nello sport, come nella finanza; nella ricerca scientifica, come nel mondo del lavoro in genere. Ogniqualvolta in cui il compito da affrontare diventa troppo complesso, l’uomo che voglia venirne a capo, non ha altra scelta se non quella di unirsi ad altri uomini; per sommare le proprie capacità a quelle altrui. E’ la ricetta magica del “Team”. Quella piccola parola con cui gli anglosassoni definiscono un gruppo di persone motivate a raggiungere un obiettivo comune e condiviso. Dove proprio la condivisone dell’obiettivo e la motivazione a raggiungerlo, sono i fattori determinanti; capaci di trasformare una semplice somma di abilità individuali, in una strabiliante, quanto inaspettata, moltiplicazione di fattori.
Eppure, nonostante ciò sia ampiamente riconosciuto; nonostante la maggior parte di noi, sia stato educato e cresciuto all’insegna del motto “L’ unione fa la forza”; il popolo algherese, in special modo l’intero apparato politico-amministrativo, non riesce a far proprio questo concetto di base. Rimane diviso e litigioso su tutto. E come tale: debole e vulnerabile di fronte alle maggiori sfide della modernità. Ogni parte in gioco, anziché collaborare per il fine comune, cerca di prevalere sull’altra per la mera occupazione dei posti di comando. Credono con cieca presunzione che la loro visione dei problemi sia l’unica corretta e che le loro abilità siano comunque superiori a quelle degli altri; senza mai arrivare ad alcuna condivisione di scopi, strategie, risultati. Parlano e comunicano solo per criticare l’operato di quelli che definiscono avversari; senza rendersi conto, che sono solo compagni di viaggio con vedute differenti e senza proporre nulla di concreto o alternativo. Agiscono, per tutelare i propri interessi e degli amici alleati, con lo scopo di perpetrare e rafforzare il loro potere personale, tralasciando, invece, gli obiettivi importanti e utili per la collettività.
Un caso davvero strano, di difficile interpretazione. Ma forse, alla fine, siamo ingenui noi, ad aspettarci qualcosa di diverso e sensato da chi, viceversa, dimostra ogni giorno, di non essere all’altezza di tali complessità. Tanto, da non avere nemmeno l’intelligenza politica, utile ad accettare la proposta pentastellata di riduzione del proprio compenso, in adeguamento alle medie Nazionali: per semplice decenza, ancor prima che per equità e giustizia. Ma forse, ancor più, sarebbe bene, cominciare ad aprire gli occhi, drizzare le orecchie e alzare la voce. Iniziare ad esercitare un controllo più attento e partecipativo sulla vita comune, tramite gli strumenti democratici dei movimenti d’opinione; dei comitati di progetto o di lotta; delle manifestazioni pacifiche di dissenso contro l’operato insipiente del consiglio comunale. La contestazione nei confronti del leader leghista Salvini, durante la recente visita ad Alghero, rimane si, nell’ambito dell’esercizio di un giusto diritto democratico, ma il dispendio di energie dei giovani manifestanti, poteva essere più utile alla comunità algherese, se spostata in Piazza del Municipio ed indirizzata all’atteggiamento irresponsabile di tanti e strapagati consiglieri.
Fare gioco di squadra, condividendo progetti, competenze, risorse, così come il confronto continuo di idee e convinzioni per il raggiungimento di un obiettivo, sono un incredibile fattore di successo e moltiplicatore di risultati; anche e soprattutto di fronte alle sfide più difficili e impegnative. Come quelle che oggi Alghero si trova a fronteggiare e che potrà vincere solo con la partecipazione diffusa e costruttiva di ampie porzioni della società civile.