I sindaci del Campo largo: “Nostra autonomia speciale sotto attacco”
Lettera alla presidente Todde a al presidente del Consiglio regionale sulla decisione del Governo di impugnare la legge che blocca l'assalto eolico
Sedici sindaci sardi del Campo largo di centrosinistra scrivono alla presidente della Regione, Alessandra Todde, e al presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini sulla decisione del Governo nazionale di impugnare la cosiddetta legge-moratoria riguardante le autorizzazioni per le rinnovabili. La lettera è stata firmata da Salvatore Lai (sindaco di Gavoi), ma anche dai primi cittadini di Cagliari (Massimo Zedda) e di Sassari (Giuseppe Mascia). Così come da Raimondo Cacciotto, sindaco di Alghero, e altri primi cittadini: Maria Laura Orrù (Elmas), Graziano Milia (Quartu Sant’Elena), Diego Loi (Santu Lussurgiu), Francesco Manconi (Bolotana), Barbara Pusceddu (Sinnai), Pietro Zedda (Tiana), Giovanni Muroni (Dualchi), Pietro Pisu (Quartucciu), Marina Madeddu (Villa S. Pietro), Walter Cabasino (Pula), Gian Luigi Puddu (Settimo S. Pietro), Giacomo Porcu (Uta) e Mauro Usai (sindaco di Iglesias).
Ecco il testo integrale:
Il contenuto dell’impugnativa del Governo nei confronti della Legge regionale N.5/24 in materia di “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali”, è di una gravità e pericolosità inaudita. Se la Corte Costituzionale dovesse accoglierla metterebbe la pietra tombale su quello che rimane della nostra Autonomia Speciale. Il tentativo è quello di cancellare, una volta per tutte, le nostre prerogative statutarie in materia urbanistica, paesaggistica, ambientale.
Non è superfluo ricordare che il nostro Statuto di Autonomia è una legge di rango costituzionale, che non può essere cancellata e mortificata da una impugnativa del Governo stilata da qualche zelante burocrate. Per bloccare l’efficacia della legge regionale tesa a scongiurare, per un periodo limitato, l’irreversibilità dell’impatto sul territorio regionale derivante dalla realizzazione, installazione o avviamento di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, il Governo è ricorso ad uno strumento inusuale e straordinario “la sospensione cautelare d’urgenza” della legge, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale. Una procedura del tutto eccezionale visto che solo una volta nella storia repubblicana un Governo è ricorso alla “sospensione cautelare d’urgenza” per bloccare una normativa della Regione Valle D’Aosta in materia di gestione e contenimento della pandemia da Covid-19. È del tutto evidente che l’obbiettivo del Governo sia quello di sterilizzare una normativa tesa ad evitare il diffondersi di una speculazione energetica indiscriminata che porterebbe alla distruzione del nostro patrimonio paesaggistico, ambientale e culturale. Non è un caso che in contemporanea con l’impugnativa del Governo si sia mossa la Confindustria attraverso un ricorso alla Commissione Europea.
La nostra Autonomia Speciale è sotto attacco. Ci troviamo di fronte alla riproposizione di una “idea coloniale” del rapporto Stato-Regione incentrata su una inaccettabile gerarchia dei poteri. L’impugnativa del Governo fa il paio con la legge sulla “Autonomia differenziata”. Una legge che sancirà la secessione delle regioni ricche a scapito di quelle più povere; accentuerà le differenze territoriali; alimenterà le disuguaglianze dei cittadini rispetto a diritti costituzionalmente garantiti, quali la salute, l’istruzione, il lavoro, i trasporti. Mortificherà, sino a cancellarla, la nostra Autonomia Speciale: le regioni Ordinarie diventeranno molto speciali, quelle Speciali molto ordinarie. Ad essere scardinato è il principio costituzionale della perequazione e della redistribuzione delle risorse. In questo contesto non possono non destare viva preoccupazione tutte quelle iniziative tese ad esasperare e ad alimentare un senso di frustrazione e di ribellismo nei confronti delle istituzioni democratiche che, se non adeguatamente governate, possono dar luogo ad azioni violente ed a gravi turbative dell’ordine pubblico. L’atteggiamento del Governo è però la cartina al tornasole della scarsa o nulla considerazione in cui è tenuta la nostra Autonomia Speciale. Di quanto desueto ed anacronistico sia diventato il nostro istituto autonomistico.
È arrivato il momento di avviare “una nuova fase costituente” della nostra Autonomia Speciale. Bisogna procedere senza indugi alla riscrittura dello Statuto di Autonomia. Rinegoziare il patto costituzionale che lega la Sardegna allo Stato italiano. Un patto tra uguali, senza vincoli gerarchici, che assicuri alla Sardegna più poteri su tutte quelle materie dove più arrogante ed invadente è la presenza dello Stato: servitù militari, paesaggio, ambiente, energia, beni culturali, ruolo internazionale della Regione. Tutto questo deve avvenire attraverso un ampio coinvolgimento della società sarda in tutte le sue articolazioni: le istituzioni autonomistiche (Giunta e Consiglio regionale) il sistema delle autonomie locali (Comuni, Province, Aree metropolitane), il mondo della cultura e dell’Università, le forze sociali, i sindacati e le forze imprenditoriali, i partiti e i movimenti, i comitati spontanei, la Chiesa, il mondo giovanile. Una mobilitazione dal basso del popolo sardo che deve vedere protagonista la Presidente della Regione, a cui i cittadini, il 25 di febbraio, hanno affidato la salvaguardia delle nostre prerogative autonomistiche, la difesa della nostra identità di popolo. Ricordando che l’identità di un popolo è la sua storia, le sue tradizioni, la sua arte, la sua cultura, la sua lingua, il suo ambiente, il suo paesaggio. Una mobilitazione che grazie al fattivo impegno della Giunta e del Consiglio regionale possa scaturire nella indizione degli “Stati generali per la difesa della Autonomia Speciale”.