Il Papa apre alla messa in sardo: «Lodevole iniziativa»
Da parte del Santo Padre non sembrerebbero esserci preclusioni ad avallare la celebrazione della liturgia in sardo. Il problema concreto, semmai, sarebbe scrivere dei testi in limba che siano adeguati al rito.
Sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo, all’813 d.c., quando il Concilio di Tours, voluto da Carlo Magno, ribadiva sì che l’omelia dovesse essere pronunciata in latino, ma apriva allo stesso tempo alle prediche in volgare specificando che sarebbero potute essere dette in «rusticam romanam linguam (lingue romanze) aut thiotiscam (lingue germaniche)». Lo scopo era, ovviamente, quello di avvicinarsi a un pubblico più vasto possibile, aggiornando quello che era il mezzo di diffusione del messaggio cristiano, la parlata, affinché fosse al passo coi tempi.
Domani mattina, il Pontefice riceverà i delegati della Fasi, la Federazione delle associazioni sarde in Italia, a San Pietro. Un incontro che, se ricollegato al convegno organizzato il 15-16 novembre a Oristano dal circolo culturale “Su Nuraghe” di Biella sul tema: “Pregare in sardo dentro e fuori dall’isola”, potrebbe far pensare che la messa in sardo sia più che un’idea. Proprio in quell’occasione, infatti, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità, aveva scritto una lettera al vescovo metropolita di Oristano, monsignor Ignazio Sanna, specificando: «Papa Francesco rivolge il suo cordiale e beneaugurante saluto, esprimendo vivo apprezzamento per la lodevole iniziativa volta a riflettere sui valori tradizionali della cultura sarda».
Da parte del Santo Padre, quindi, non sembrerebbero esserci preclusioni ad avallare la celebrazione della liturgia in sardo. Il problema concreto, semmai, sarebbe scrivere dei testi in limba che siano adeguati al rito. A tale scopo, la Conferenza episcopale sarda ha già istituito due commissioni ad hoc per testi, canti e preghiere, oltre che per la traduzione dei testi biblici.