Kazakistan: per la prima volta praticata la castrazione chimica su un pedofilo
Per la prima volta è stato praticato il trattamento di “castrazione chimica” su un condannato per pedofilia kazako. La castrazione chimica è una cura ormonale che inibisce temporaneamente gli istinti sessuali andando ad agire sui livelli di testosterone.
Un uomo kazako condannato per pedofilia verrà sottoposto a castrazione chimica per i crimini sessuali che ha commesso. E’ la prima volta che avviene in Kazakistan, in seguito all’approvazione di una norma che prevede punizioni esemplari per tutti colore che si macchiano di abusi sui bambini. Nursultan Nazarbayev, presidente del paese, ha deciso di investire migliaia e migliaia di euro per finanziare questa pratica, riservata al momento solo agli uomini riconosciuti colpevoli di crimini sessuali su minori: il primo a subirla sarà un uomo proveniente dalla regione del Turkestan che si è macchiato in passato di pedofilia, ma altre centinaia di persone responsabili dello stesso reato potrebbero subire nei prossimi anni la medesima sorte. Il farmaco che inibisce la potenza sessuale, infatti, è stato acquistato in duemila dosi.
Cosa è la castrazione chimica. La castrazione chimica è una pratica generalmente non definitiva che, tramite la somministrazione di farmaci a base di ormoni, riduce la libido e quindi l’attività sessuale. Venne sviluppata come misura temporanea preventiva per stupratori e pedofili, soprattutto se recidivi, e – laddove previsto dal codice penale – viene applicata come parte della pena per reati a sfondo sessuale. Il dibattito sul ricorso a tale pratica è vivace anche in Italia, soprattutto a seguito di fatti di cronaca legati a stupri, e Vincenzo Gentile, supervisopre della Commissione certificazione andrologica della Società italiana di andrologia (Sia), ha spiegato a Adnkronos che “si tratta di farmaci che agiscono a livello del Sistema nervoso centrale su una ghiandola detta ipofisi. Di fatto agiscono ‘a monte’ della cascata di eventi che porta alla produzione di testosterone, fabbricato principalmente nei testicoli, e al rilascio dell’ormone sessuale maschile nel sangue. Il farmaco si assume per via sottocutanea ed è disponibile in diverse formulazioni, anche a lento rilascio”. Il farmaco più utilizzato attualmente è il Depo Provera, cioè il principio attico del Medrossiprogesterone. L’effetto della castrazione chimica può variare da 20 giorni a tre mesi.
In quali paesi vene praticata la castrazione chimica. La castrazione chimica è prevista nell’ordinamento giuridico di diversi paese europei, come Svezia, Finlandia, Germania, Danimarca, Norvegia, Belgio e Francia. Non viene però mai applicata su tutti i crimini sessuali in modo indiscriminato, ma esclusivamente in alcuni casi: la netta maggioranza dei Paesi europei che la prevedono (Svezia, Finlandia, Germania, Danimarca, Norvegia, Belgio, Francia) ne fanno un ricorso estremamente limitato e soprattutto subordinato al consenso del condannato. Per la precisione Danimarca, Germania e Norvegia consentono la castrazione chimica solo qualora si possa dimostrare che il soggetto potrebbe essere costretto a commettere crimini sessuali a causa di istinti sessuali irrefrenabili. In Svezia la pratica è prevista solo nel caso in cui il soggetto ponga una minaccia per la società, e anche in questo caso è necessario il consenso del condannato preventivamente informato dei possibili effetti collaterali. Nel Regno Unito è in corso un programma pilota riguardante i detenuti per pedofilia, mentre in Italia la castrazione chimica è vietata. La nostra Costituzione infatti afferma: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
La scienziata: “Nessuna certezza sull’efficacia della castrazione chimica”. L’efficacia della castrazione chimica è ancora un argomento molto controverso e dibattuto dalla comunità scientifica. In un articolo la sociologa Maria Grazia Giannichedda, presidente della fondazione Franca e Franco Basaglia e docente di sociologia dei fenomeni politici all’Università di Sassari, citando il ricercatore Silvio Garattini ha spiegato che ” non vi è alcuna certezza che questo tipo di trattamenti possano avere effetti veramente disincentivanti sulla violenza sessuale. Garattini notava anche che questo problema nasce in una persona, non nei suoi livelli di testosterone”.
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