“La concessione a Calabona, un vero e proprio ginepraio”

L'opinione di Maria Antonietta Alivesi, ex Consigliera comunale ad Alghero

La “questione Calabona” con realizzazione di uno stabilimento che negli ultimi tempi sta “occupando” le pagine dei quotidiani sardi dando prevalentemente il punto di vista di chi lo ha realizzato, mi ha visto impegnata come ultimo atto del mio mandato da Consigliera comunale. Attraverso vari accessi agli atti che hanno completato la documentazione iniziale sulla concessione demaniale regionale messa a disposizione della sottoscritta dall’allora Consigliere comunale Valdo di Nolfo che si stava occupando della vicenda fin dal 2021. Il governo del territorio, la vigilanza sugli interventi come le decisioni sugli stessi quando è previsto l’intervento decisionale del Consiglio comunale è una delle funzioni che caratterizzano i Consiglieri comunali come rappresentanti dei cittadini. Con questo spirito ritengo utile rendere noti alcuni passaggi amministrativi che ho potuto visionare con l’accesso agli atti del procedimento avviato dalla Ditta Bagni del Corallo per poter realizzare una struttura balneare nella concessione demaniale che avevano richiesto in Regione.

Tralascio le fasi della pratica edilizia, presentata al SUAPE in prima istanza nel 2021 con il Nulla osta regionale (perché ancora non formalizzata la concessione), per la quale la Ditta presenta il progetto complessivo per il rilascio dei pareri di competenza. Il progetto prevedeva una piattaforma, un chiosco bar e servizi e un pontile. Visto nel suo complesso il progetto era una chiara richiesta di concessione balneare con il pontile trattato come un corridoio di lancio di imbarcazioni, e l’elenco degli Enti partecipanti all’endoprocedimento avvalora le mie considerazioni. Quel progetto di stabilimento balneare ottenne il parere negativo non superabile della Soprintendenza per tutta una serie di vincoli ambientali e paesaggistici esistenti nell’area. Dal settore comunale le obiezioni del tecnico istruttore erano invece di natura urbanistica in quanto lo stesso Piano Regolatore Generale prevedeva una pianificazione particolareggiata, come il piano paesaggistico che prevede la presenza del PUL. Il pontile, che invece fa riferimento ad una normativa del 2017, ottenne parere positivo dalla Capitaneria. Non si nega mai un corridoio di lancio!

A seguito dell’esito del procedimento la ditta ha presentato una nuova istanza con solo quegli interventi ritenuti possibili, ovvero il pontile e la piattaforma di pertinenza, con tutta una serie di condizioni da rispettare; non a caso compare nell’endoprocedimento, per la prima volta, il Servizio del Genio Civile di Sassari, e non compaiono l’Ufficio Tutela del Paesaggio comunale e Soprintendenza, questi ultimi vengono convocati successivamente ma, a ridosso della conferenza dei servizi, esclusi dall’endoprocedimento e dalla Conferenza dei Servizi decisoria, un vero teatrino dell’assurdo. La comprensione di questo intervento è stata possibile grazie alla lettura dei vari pareri che, soprattutto di quello del tecnico comunale, sottolineano come questo intervento non debba configurarsi come stabilimento ma solo come servizi al pontile, il vero intervento principale.

A seguito di questa autorizzazione, il demanio regionale ha emesso un atto di concessione definitivo nei quali sono richiamati tutti i passaggi delle pratiche edilizie e l’esito finale per la realizzazione del pontile con divieto di realizzazione dei chioschi e conseguente riduzione dei mq di piattaforma accessoria, inoltre con precisazione di mantenimento e cura della vegetazione esistente. I lavori conseguenti alla pratica per il pontile sarebbero dovuti iniziare poco prima della data di inizio della concessione fissata per il 3 giugno 2024. A marzo la ditta presenta una pratica edilizia a giorni zero, con forte anticipo rispetto all’apertura della stagione, per un progetto di “ingegneria naturalistica” che non necessita di pareri paesaggistici, corrispondente alla eliminazione della vegetazione preesistente, impianto di nastri di erba e piante da giardino, previo ricollocamento di terra e massi che componevano il suolo prima dell’intervento.  A questo intervento si oppose, a lavori in corso, la Soprintendenza, che, come la stessa ha dichiarato, non era stata chiamata al parere venendo a conoscenza dei fatti dai giornali. La sospensione dei lavori da parte della Soprintendenza è stata censurata dal TAR per un ricorso della Ditta. In seguito, forse galvanizzati dall’esito del TAR sui lavori per il prato, la Ditta ha presentato nuova pratica per chioschi bar e servizi igienici (a ricomporre quel progetto unitario del 2021 che era stato bocciato).

Alla lettura degli atti riguardanti il chiosco bar, gli ultimi che ho richiesto come Consigliera comunale, il procedimento SUAPE ha visto il coinvolgimento nell’endoprocedimento di tutti gli Enti presenti per la valutazione del “pontile per approdo imbarcazioni e piattaforma accessoria”, financo il “Servizio del Genio Civile di Sassari”; esclusi anche questa volta, come allora gli uffici ed Enti chiamati ad esprimersi sulla tutela paesaggistica. Una mia esplicita richiesta alla Soprintendenza sulla Sua esclusione dal procedimento dei “chioschi” a Calabona, fu illuminante per la Soprintendenza e di conseguenza per me: se la richiesta di parere avviene a procedimento già aperto, non sempre l’Ente in causa ne viene a conoscenza e non per trascuratezza. Per ben due volte la Soprintendenza fu sottoposta a questo metodo poco costruttivo di richiesta di parere, sul progetto “Calabona beach”, nel 2022 per la concessione del pontile e ora, 2024, per il posizionamento dei chioschi. Grazie alla mia richiesta di chiarimenti la Soprintendenza ebbe a dare il suo parere che vincolò il Procedimento Unico al Diniego dell’opera.

Mi sono chiesta, se non avessi fatto richiesta di spiegazioni alla Soprintendenza, l’esito di questa pratica sarebbe stato differente da quello che infine, a conclusione del procedimento, è stato il diniego all’intervento? Un intervento che è stato fatto dalla Ditta come se fosse una pratica a giorni zero e non una pratica per la quale si doveva attendere l’autorizzazione prima di iniziare i lavori ed aprire un’attività economica. Non si può che segnalare la mancata vigilanza sul territorio da parte del settore competente, che era anche a conoscenza del procedimento in corso quando è avvenuta l’inaugurazione dell’attività. Queste maglie larghissime nella vigilanza creano delle vere e proprie falle nella legalità e recuperare autorevolezza è, inevitabilmente, difficilissimo.

Maria Antonietta Alivesi, 27 Luglio 2024