La condanna del Cavaliere

Temo che quando questo articolo sarà pubblicato, nella movimentata vita politica italiana saranno sicuramente successe tante cose che lo renderanno superato. Comunque mi azzardo a fare qualche considerazione. Non ho molto da aggiungere, fra l’altro, a quanto commentatori ben più qualificati di me vanno dicendo in merito alla condanna del Cavaliere. Mi viene solo da sospirare : ” povera Italia”. Povera Italia sia che sia vero che per poco meno di 20 anni è stata governata da un farabutto e ” povera Italia” anche se, invece, il Cavaliere fosse vittima di una magistratura politicizzata, che interviene nella lotta politica a suon di condanne. Personalmente non ho mai nascosto di ritenere che, per evitare alla Nazione una deriva antidemocratica, fosse necessario riformare radicalmente il nostro sistema giudiziario. Non è possibile, infatti che in uno stato civile i magistrati possiedano un potere abnorme, insindacabile ; non è possibile che , sostanzialmente, non rispondano degli ” errori ” che commettono per superficialità, ignoranza o per interpretazione della legge non secondo la volontà del legislatore ma della loro personale ideologia. Non condivido affatto che possano aderire a correnti caratterizzate ideologicamente né che possano pronunciarsi sulla opportunità “politica” delle leggi.
 
Ritengo, infatti che in uno stato civile, alla magistratura non dovrebbe essere consentito di entrare a gamba tesa nella funzione legislativa. Va da sé che neppure la politica dovrebbe intromettersi nella funzione giurisdizionale. Trovo, però, tardivo che oggi sbraitino contro quella sentenza certi soggetti che, pur avendo governato questa povera Italia per tanti anni , non hanno saputo varare neppure quella sostanziale riforma. D’altra parte mi chiedo cosa abbiano fatto i governi e le maggioranze di centro -destra per riformare e” risanare” , oltre la magistratura, anche la pubblica amministrazione, per snellire la burocrazia e ridurre i poteri dei grandi burocrati, per rendere l’apparato pubblico meno costoso e il fisco meno vorace. A scanso di equivoci preciso di essere tendenzialmente un tradizionalista. Credo, cioè, in certi valori immutabili che devono, però, continuamente essere calati in una realtà in costante evoluzione. Non mi riconosco, perciò, né con i conservatori, che sono coloro che non si accorgono della evoluzione della realtà, che può anche richiedere di aggiornare la Costituzione, né con i reazionari, che confondono il passato col futuro. Non sopporto neppure i sedicenti “progressisti” , di stampo marxista, che cullano l’illusione di un futuro sterile perché fondato sulla rescissione delle radici.

Inoltre mi sta cortesemente sulle scatole la retorica e la supponenza di quella sinistra , affetta da una congenita demagogia, che si permette persino di dettare i canoni di cosa sia “democratico” e “politicamente corretto”, e che spocchiosamente considera i suoi avversari “eticamente inferiori” , oltre che idioti e rincoglioniti dai mass media del Cavaliere. A quella sinistra contesto anche il fatto di interessarsi più dei problemi degli stranieri che della difesa della nostra dignità nazionale, tanto è vero che ha mostrato la massima indifferenza nel caso dei ripetuti oltraggi che il bestione indiano ha commesso nei confronti del nostro popolo, sequestrando illegalmente due nostri militari. Faccio anche notare che i governi di sinistra, che pure hanno retto le sorti del Paese, erano tanto litigiosi da non saper stare insieme che per brevi periodi e non hanno saputo fare di meglio e di più di quelli di centro-destra. Ad esempio , non hanno neppure risolto il famoso “conflitto di interessi”, che , però, hanno strumentalmente sollevato in ogni campagna elettorale. Comunque non ce l’ho con tutta la sinistra indiscriminatamente né, per altro verso, solo col capo del centro-destra . Ce l’ho con l’insieme della classe dirigente di quest’ultimo movimento, che si è persa in affari poco chiari, in polemiche, scissioni e beghe inutili e fumose.

In verità mi chiedo se esista effettivamente una classe dirigente che sia in grado di guidare quel partito e, più precisamente, se esso possieda una struttura che gli consenta di resistere alla scomparsa del leader. Scomparsa che, prima o poi, dovrà ineluttabilmente verificarsi. Mi chiedo anche quale sia il sistema di idee di quella parte politica e se il comportamento dei suoi capoccioni e capoccetti nazionali e locali sia stato coerente con il patrimonio culturale e ideale a cui dice di ispirarsi. Ovviamente mi chiedo anche se quella classe dirigente sia stata selezionata secondo gli sbandierati criteri di capacità, efficienza, merito e onestà. La mia è una risposta desolatamente negativa . Il centro-destra, cioè, a mio avviso ha deluso le speranze di chi desiderava un profondo rinnovamento della vita pubblica, proprio per salvare i valori tradizionali della nostra civiltà e il rilancio economico della Nazione. Oggi ne paga amaramente le conseguenze. Temo, purtroppo, che queste conseguenze negative cadranno anche sul capo dei cittadini che lavorano e vivono onestamente , e che, in questo sistema poco democratico, non contano nulla e che possono solo osservare ciò che gli piove addosso.

Mi chiedo cosa farei io, se fossi il leader del centro-destra , per rendere al popolo italiano un servizio che possa evitargli di finire nel baratro. Innanzi tutto darei le dimissioni da senatore ed eviterei, così, di venire estromesso dal senato dopo un lacerante scontro tra fazioni. Lascerei anche la guida del partito in mano di persone pulite e che sappiano sbattere fuori, senza se e senza ma, tutti i faccendieri più o meno compromessi e corrotti. In tal modo verrebbero anche spuntate le armi di chi mira non al confronto tra diverse idee e programmi, ma alla lotta continua tra le fazioni. Mi impegnerei anche perché il partito fosse strutturato in modo da assicurare una continuità di azione e proponesse un programma serio e concreto di risanamento e riforme della vita nazionale. In tal modo potrebbe riacquistare quella credibilità che si è logorata.

4 Agosto 2013