La Porta di Carlo Quinto: un falso storico

L’intitolazione all’imperatore Carlo Quinto della porta a mare che si apre ai piedi dei Bastioni Pigafetta in prossimità della Torre di Sant’Elmo rappresenta in realtà un colossale inganno.

L’intitolazione all’imperatore Carlo Quinto della porta a mare che si apre ai piedi dei Bastioni Pigafetta in prossimità della Torre di Sant’Elmo, e destinata nelle intenzioni dell’Amministrazione Comunale a dare lustro alla città, rappresenta in realtà un colossale inganno. Perché Carlo Quinto da quella porta non è mai passato. Lo si ricava da un’attenta lettura del racconto ufficiale riguardante l’arrivo dell’augusto personaggio, il 7 ottobre 1541, così come è stato riferito dal notaio algherese Johan Galeaço che ricopriva quell’anno la carica di consigliere civico e che per l’occasione fu insignito dal sovrano del titolo onorifico di cavaliere.

L’atto notarile, redatto in lingua catalana su sette pagine di grande formato, era originariamente conservato nell’archivio civico. Trafugato da mano ignota, oggi è reperibile solamente in copia fotostatica. Il testo è stato riprodotto da Mario Salvietti nel volume intitolato Carlo Quinto in Alghero. La relazione di Johan Galeaço nell’originale trascritto, tradotto e commentato (Edizioni del Sole, La Poligrafica Peana, Alghero 1991), sulla scorta del quale è stato condotto il presente studio.

L’equivoco sulla Porta di Carlo Quinto nasce dal fatto che il cronista del XVI secolo non ha specificato, presumibilmente ritenendolo superfluo per i suoi contemporanei, il punto in cui era stato costruito, in previsione dell’evento, il ponte di legno al quale attraccò la scialuppa che condusse a terra il sovrano, accompagnato dall’ammiraglio Andrea Doria, comandante della flotta imperiale. Secondo il Salvietti ed altri – forse in cerca di originalità più che di verità storica – l’imbarcadero sarebbe stato posizionato in prossimità della porta di cui ho detto all’inizio, e da questa il monarca sarebbe quindi entrato in città. La loro tesi è però insostenibile, sia perché in contrasto con le informazioni fornite dall’autore del manoscritto cinquecentesco, sia inoltre perché contraria ad ogni logica. Non si capisce, infatti, per quale motivo, pur disponendo Alghero di un comodo porto e di un litorale di facile approdo, il pontile avrebbe dovuto essere costruito in un posto disagevole e fuori mano; né per quale ragione si sarebbe dovuta tralasciare la prestigiosa Porta Reale a favore di un’anonima quanto improbabile via di accesso secondaria.                                                                                                                                                                                                                                       La sede del pontile – Sebbene manchi un esplicito riferimento al luogo, va tuttavia segnalato che il notaio Galeaço, a pag. 5 della sua relazione, riferisce che il pomeriggio dell’indomani (8 ottobre 1541), accingendosi a ripartire, Carlo Quinto si recò a piedi, conversando col sopraddetto consigliere civico, dal palazzo di don Michele de Ferrera, situato nella Piazza Civica, dove era stato ospitato per la notte, fino alla Porta a Mare (des de la porta de palacio fins a la porta de la mar). E quest’ultimo toponimo egli ripete poco più avanti, là dove dice che l’imperatore, mentre attraversava la Porta a Mare, ordinò di allontanare le persone che ingombravano il pontile al quale era ormeggiata, già pronta, la barca che doveva riportarlo alla sua nave (y essent instrat al dit portal de la mar, sa magestat manà desembargassen lo pont de la gent que y era, e muntà en aquell, y ja stava aparellat lo squiff de la sua galera). Stante il preciso riferimento topografico, non v’è dubbio che il punto d’imbarco doveva trovarsi più o meno dinanzi al portale marino oggi conosciuto col nome di Porto Salve. Ancorché con dimensioni e caratteristiche strutturali di minor pregio rispetto a quelle odierne, il Portal de la Mar lasciatoci in eredità dalla storia e dalla cartografia ufficiale è sempre stato il varco nelle mura che tuttora mette in comunicazione diretta il porto con la Piazza Civica. E ciò fin dal tempo della signoria dei Doria, come si apprende dalla relazione che il notaio Pere Fuyà (v. Salvatore Rattu, Bastioni e torri di Alghero. Contributo alla storia dell’architettura militare, Torino 1951; Mario Salvietti, Alghero. Le fortificazioni medievali, Edizioni del Sole, La Poligrafica Peana, Alghero 1990) compilò nell’anno 1364, per ordine di Pietro IV d’Aragona, per rendere edotto il sovrano delle opere di manutenzione necessarie a mantenere solide ed efficienti le fortificazioni che cingevano la città, della quale “Il Cerimonioso” aveva preso possesso dieci anni prima grazie ad un trattato che aveva messo fine ad un travagliato assedio. In quella relazione viene citata per tre volte la torre che ne difendeva l’entrata dalle incursioni nemiche (torra del Portal de la Mar).

Nell’economia cittadina, fondata in larga misura sulla pesca e sul commercio marittimo, il Portal de la Mar ha svolto per secoli un ruolo fondamentale. E’ da escludere che un consigliere civico, nonché uomo di cultura, investito di un compito impegnativo e delicato come la narrazione della visita dell’imperatore, destinata a rimanere negli annali della storia patria, abbia potuto chiamare con quell’appellativo, anche solo per svista, un altro ingresso poco noto e di In realtà non è nemmeno provato che la Porta di Sant’Elmo fosse già esistente quando arrivò Carlo Quinto. Nelle piante topografiche della città fortificata di Alghero disegnate nel corso dei secoli dai vari tecnici militari che se ne sono via-via occupati, dal Cinquecento in poi, e delle quali si trova una selezione in appendice al volume di Guido Sari La piazza fortificata di Alghero (Edizioni del Sole, La Poligrafica Peana, Alghero 1988), di quel passaggio non v’è traccia. Fa eccezione la Tavola XI, che però riproduce una carta del 1776.  La posizione del punto d’approdo all’interno dell’area portuale è indirettamente confermata anche da quanto riferisce J. Galeaço a pag. 3 della relazione. Racconta che Carlo Quinto, prima di attraccare al molo dov’era atteso dalle più alte autorità civili e religiose, fece un’ampia deviazione semicircolare per scrutare insieme all’ammiraglio la città dalla parte foranea, vale a dire dalla Torre di Sant’Elmo fino alla Torre dello Sperone o giù di lì (arrodar y mirar la ciutat de la banda de la mar, ço es desde sanct Elm fins a la torre del speró o a debaxies). Poiché la Torre di S. Elmo segnava a quell’epoca il limite estremo del porto in direzione di ponente, ne consegue che l’imbarcazione dell’imperatore quando iniziò la manovra diversiva si trovava nelle acque interne del bacino nautico, e cioè davanti al Portal de la Mar, mentre la Porta di S. Elmo era, come è, situata al di fuori e al di là dell’antica cala.

La vera Porta di Carlo Quinto – Anche nell’indicare la porta d’ingresso il cronista non è stato molto accurato, forse perché dava la cosa per scontata. Non mancano tuttavia significativi indizi che conducono a stabilire che si trattò della Porta Reale. L’unico chiaro riferimento a questo passaggio si rinviene a pag. 3 della relazione, dove Johan Galeaço narra che i dignitari in attesa sulla banchina di legno, vedendo il battello dell’’imperatore girare dietro la Torre di S. Elmo, temettero in un primo momento che sua maestà non volesse entrare dalla Porta Reale (no entràs per lo portal real), com’era stato predisposto. Ciò creò grande scompiglio, tanto che gli amministratori e le altre personalità presenti abbandonarono precipitosamente l’approdo, i cui addobbi furono rapidamente depredati dai soldati incaricati del servizio d’ordine. Sennonché, dopo avere studiato da presso le fortificazioni prospicienti il mare aperto, Carlo Quinto tornò indietro e sbarcò al ponte di legno (y desambarcà al dit pont), dove fu ricevuto con tutti gli onori. E poiché nessun’altra variazione di programma venne registrata dallo scrupoloso notaio, resta implicitamente confermato che sua maestà fece il suo ingresso solenne in Alghero passando sotto l’arco della Porta Reale. Montava un cavallo bruno sontuosamente bardato, e gli stava a fianco il vescovo di Alghero, mentre un baldacchino sorretto da sei gentiluomini sovrastava entrambi. Dietro, veniva il corteo delle autorità civili e religiose.

Un’altra indicazione, peraltro meno perspicua, si rinviene a pag. 4 della cronaca, ove è detto che Carlo Quinto, appena entrato in città e dopo essersi recato a pregare in Cattedrale, volle subito uscire di nuovo allo scopo di osservare la parte della città che ancora gli restava da vedere dal lato di terra (lo restant de la ciutat que restava a veura de la part de la terra). E poiché questa sortita, come racconta J. Galeaço, interessò unicamente il settore della roccaforte compreso tra la Porta Reale e la Torre dello Sperone (oggi Torre di Sulis), è lecito desumerne che la parte dei bastioni compresa tra lo scalo marittimo e la Porta Reale, col che si completa il cerchio delle mura, il sovrano l’aveva già vista mentre vi passava a fianco per entrare in città.

A questo punto è doveroso chiarire dove fosse situata la Porta Reale o, per meglio dire, “quale” essa fosse fra quelle allora esistenti. In quel momento storico, infatti, la piazzaforte algherese, per effetto delle continue opere di ampliamento e di ammodernamento dettate dai progressi tecnologici della guerra d’assedio, disponeva di due ingressi che immettevano nella città dal lato di terra: l’uno più antico, che J. Galeaço a pag. 4 chiama per l’appunto portal vell (porta vecchia), ed un altro di fattura recente, da lui indicato come portal nou (porta nuova). Dell’antica Porta Reale si trova notizia nella relazione redatta dal notaio Pere Fuyà, come già detto, nell’anno 1364 su ordine del re Pietro IV d’Aragona. Si apriva in corrispondenza della torre omonima (torra del Portal Reyal) ed era ubicata a breve distanza dalla Torre della Porta Falsa (torra de la Porta Falsa) sul versante del porto. Alla più recente Porta Reale fa invece cenno un rogito del 1536, richiamato da Guido Sari alle pagine 57-58 del suo libro (La piazza fortificata di Alghero, cit.), dove è menzionata una non meglio precisata Torre del Portale Reale della quale dovevano essere finanziati i lavori di completamento. Tanto il Sari quanto il Salvietti affermano che la novella fabbrica incorporava la preesistente Torre della Porta Falsa e che essa pertanto si identifica con l’odierna Torre di Porta Terra. Col trascorrere degli anni il nuovo portale avrebbe finito per soppiantare quello di più remota origine, divenuto obsoleto e destinato pertanto a scomparire senza lasciare tracce. Dei due varchi rivolti alla campagna sarebbe rimasto soltanto il portal nou, che fino ai nostri giorni gli algheresi avrebbero continuato a chiamare semplicemente lo Portal, con ciò intendendo nello stesso tempo sia la torre che la piazza antistante.

Un’attenta lettura della cronaca stilata dal notaio Galeaço consente dunque di stabilire senza incertezze che la Porta Reale da cui passò Carlo Quinto fu la stessa dalla quale, probabilmente, entrò Pietro IV quando riuscì a riconquistare la rocca a metà del Trecento. Si legge, infatti, a pag. 4 del manoscritto che, tornando dall’escursione a cavallo che lo aveva condotto fino alla Torre dello Sperone, l’imperatore rallentò l’andatura per soffermarsi a contemplare il suo stemma gentilizio, che la Città aveva fatto dipingere sulla facciata esterna della cinta muraria, nel tratto compreso tra la porta nuova e quella vecchia (i essent entre el portal nou y vell, sa magestat quasi aturà lo cavall per mirar les sues armes que stan allì pintades). Da ciò si capisce che il sovrano aveva già superato l’ingresso della porta nuova ed era diretto alla porta vecchia per fare rientro in città, e che quella era verosimilmente la stessa porta dalla quale era uscito poco prima.

Antonio M. Alfonso, 18 Luglio 2015