La proposta Ue: via la data di scadenza da pasta, riso e caffè
Via la data di scadenza da una serie di prodotti per i quali non sussistono rischi sanitari: ecco la proposta Ue per ridurre gli sprechi.
A riportare la notizia, citando la Bild, è il Corriere della Sera, che spiega come “secondo le carte del Consiglio per la seduta dei ministri dell’Agricoltura di lunedì prossimo diversi stati membri (in prima fila ci sono Olanda e Svezia) starebbero spingendo per ampliare l’elenco dei prodotti alimentari il cui termine minimo di conservazione non dev’essere specificato in base al diritto comunitario”. Si tratta della vecchia “battaglia” fra chi considera la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il…” una fonte di spreco enorme ed una delle cattive abitudini alimentari dei cittadini dell’Unione Europea (e degli italiani in particolare). Gli alimenti dai quali potrebbe sparire la dicitura sono pasta, riso, caffé, formaggio duro ed altri che teoricamente possono essere consumati anche alcuni mesi dopo la data indicata senza alcun rischio per la salute dei consumatori (come avviene del resto già per altri prodotti, come sale e zucchero).
Vale la pena di ripetere che esiste una sostanziale differenza fra la “data di scadenza”, che indica il termine entro il quale l’alimento è idoneo al consumo, se mantenuto nelle corrette condizioni di conservazione ed è prevista per i prodotti alimentari deperibili, e il “termine minimo di conservazione”, che è invece previsto per quegli alimenti che mantengono la loro commestibilità anche oltre il termine previsto. Una battaglia terminologica dietro la quale però si cela uno spreco enorme, dal momento che si calcola che una cifra tra il sette ed il dieci percento del cibo acquistato finisce direttamente nella spazzatura. Come poi riporta Eurobarometro, si tratta di una caratteristica tipica dell’approccio al consumo degli italiani, con solo il 27% che ritiene sicuro consumare prodotti alimentari “scaduti” (contro il 65% dei tedeschi, il 69% dei lussemburghesi, il 73% di belgi e olandesi, il 74% dei francesi, il 75% dei finlandesi).
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