La Sanità ai tempi del Coronavirus
L'opinione di Vittorio Guillot
Brecht diceva: ‘Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi’. Purtroppo, così, vaneggiava un mondo senza cattiveria, senza alcun male e senza alcuna malattia contro cui lottare. Sognava, cioè, un paradiso abitato da angeli, non da uomini, totalmente diverso da quello in cui vive e vivrà l’umanità fino alla fine dei tempi. In questo mondo, che ci piaccia o no, gli eroi saranno sempre necessari. E gli ultimi eroi a cui dobbiamo eterna riconoscenza sono coloro che si sono sacrificati fino allo sfinimento e alla morte per combattere contro il coronavirus. Ci si può certamente chiedere se molti di quei sacrifici si sarebbero potuti evitare. Ci sarebbe molto da ridire sulle gravissime responsabilità della Cina e di quel suo feudo che è la Organizzazione Mondiale della Sanità ma il discorso, per quanto molto semplice, si farebbe troppo lungo.
Comunque ritengo che questa pandemia abbia colto di sorpresa tutti, cittadini, medici e governanti e che molte incertezze ed errori, forse non tutti, abbiano una giustificazione o, per lo meno, una attenuante. Ritengo anche che abbia messo allo scoperto una infinità di inadeguatezze del ‘Sistema Italia’ e spero, anche se con scarsissima fiducia, che si colga l’occasione per porvi rimedio. Ora voglio esporre il mio punto di vista di cittadino, non certo esperto della materia, su quelle che mi sembrano le carenze generali e ‘strutturali’ della nostra Sanità. Intanto ho avuto la netta sensazione che ci sia stata una grande confusione dovuta alle contraddizioni tra le norme emanate dal governo, dalle regioni e dai comuni e che ciò abbia provocato dei gravi danni non solo per la salute della gente ma anche per le attività imprenditoriali ed economiche. Insomma, è mancata una cabina di regìa, fatto che ha provocato una frammentazione nella azione di deversi enti pubblici che, invece, avrebbero dovuto concertare le loro azioni. Addirittura ritengo necessario un maggiore coordinamento nella U.E., se fosse qualcosa di più di un vampiresco ectoplasma. Per superare questo grave scollamento, ben vedrei al vertice della Sanità una Istituzione, alla quale partecipino anche le Regioni, che predisponga un Piano Sanitario di Coordinamento Nazionale. Un Piano Sanitario che preveda anche quali Organi debbano operare in caso di emergenza nazionale, con quali poteri, con quali quattrini, con quale personale e per quanto tempo.
Dovrei meravigliarmi che non siano mai stati predisposti simili Piani poiché, almeno da quando si parlava di possibili attacchi con l’antrace – ricordate? – si profilava la possibilità che scoppiasse una simile situazione di emergenza sanitaria nazionale. Invece, chi sa perché, non mi meraviglio affatto! Comunque sia, alle Regioni, considerata la necessità di gestire il servizio sanitario in funzione delle persone, dovrebbe competere l’obbligo di calare le direttive di quell’organismo di vertice nei loro piani regionali. Non so se ciò renderebbe necessario riformare la Parte V^ della Costituzione, che disciplina la autonomia delle Regioni. Certo non mi farei alcuno scrupolo di seguire legalmente anche quella strada. Purtroppo mi par di capire che oggi un simile Organo di coordinamento e di vertice non esista e che allo Stato, tramite il Ministero della Sanità, competa solo stabilire quali prestazioni debbano essere garantite alla gente e finanziare le prestazioni in base ad una quota ‘pro capite’.
Leggo, tra l’altro, che molti medici sostengono che le priorità delle prestazioni da garantire non sono stabilite con criteri scientifici. La conseguenza pratica di questa limitatissima competenza statale è che ogni Regione agisce in modo assolutamente indipendente rispetto alle altre e rispetto all’interesse nazionale. I gravissimi inconvenienti di questa situazione mi sembra che siano emersi proprio in questi tragici tempi. Oltre a questo aspetto negativo mi pare che ce ne sia un altro non meno dannoso: l’invadente strapotere di politicanti che il più delle volte non capiscono un tubo della organizzazione sanitaria e la subordinazione a loro della classe medica. Eppure è la politica regionale che nomina il Direttore Generale della Sanità. Senza che, peraltro, sia neppure regolamentato quel potere di nomina. Quel Direttore Generale, infatti, è semplicemente un ‘uomo di fiducia’ del capoccione politico di turno. E’ evidente che così si favorisce la peggiore lottizzazione di quella carica, attuata sulle tasche, sulla salute e sulla pelle dei cittadini. Così succede che quel Direttore Generale occupa quella poltrona finché è gradito al suo patrono o resta, al massimo, finché questo resta in carica. E’ ovvio che in tal modo è persino difficile sviluppare le programmazioni di lungo periodo. …… Qualcuno, considerati i guasti fatti da certi Direttori Generali può esclamare: ‘Meno male!’. A me, però, non sembra che sia il caso di scherzare! Almeno fosse stato stabilito che quei Direttori Generali dovessero essere scelti in base a valutazioni positive delle loro capacità manageriali in campo sanitario.
Purtroppo attualmente quelle valutazioni non sono affatto previste! Se poi, pensiamo che quei Direttori Generali scelgono i Direttori Amministrativi delle varie A.S.L. nonché i Direttori sanitari e, a discendere, le varie dirigenze mediche, tecniche ed operative, capiamo come la dannatissima partitocrazia abbia massacrato la Sanità Pubblica, mortificando, incredibilmente e criminalmente, le professionalità mediche e troppo spesso non valorizzando il capitale umano e scientifico costituito dai migliori medici, ricercatori ed infermieri. A questo punto mi chiedo: ‘Non sarebbe molto meglio che il personale sanitario avesse una autorevole voce in capitolo nella programmazione e nell’impiego delle risorse umane e materiali, nei tagli delle spese tecnicamente inutili, nella eliminazione degli illogici ed indecenti sprechi e negli investimenti per la ricerca e per quella prevenzione che, anche da un punto di vista finanziario, è assai meglio che provvedere a cure? E’ forse assurdo che, in questa ottica, nella formazione dei medici si curi anche la loro preparazione manageriale e che, per tutto il personale sanitario, si stabilisca che il loro avanzamento in carriera o, per lo meno, la progressione degli stipendi, avvenga anche col superamento di corsi di aggiornamento professionale? Ripeto: io non sono un esperto di Pubblica Sanità. Sono semplicemente un tale che ha bisogno di medici e cure, un po’ come tutti, e che, se non passerò prima a miglior vita, più invecchio e più ne avrò bisogno. Con questo scritto vorrei solo sapere se trovate logiche le mie osservazioni e le mie domande. Purtroppo, e scusatemi se sono pessimista, quando sento retoricamente dire ‘Niente sarà più come prima’, mi vien da pensare che ‘tutto deve cambiare perché tutto resti tale e quale ‘. Perciò mi vien da ribattere: ‘E’ vero! Niente sarà come prima. Temo che sarà peggio!’