L’Agentiera si trasforma con Landworks Sardinia 2015
Sino al 30 maggio esperti di architettura del paesaggio disegnano un nuovo modo di utilizzo della borgata e dei suoi spazi. Tra gli ospiti anche sette giovani del centro di accoglienza per rifugiati di Alghero
Sette gruppi di esperti guidati da sette team leader per ridisegnare, con un occhio attento, un nuovo modo di utilizzo dell’Argentiera e dei suoi spazi. Si muovono tra la spiaggia, il centro storico della borgata e la collina che la sovrasta, attenti osservatori dell’ambiente che li circonda, pronti a coglierne gli aspetti più importanti. Il workshop Landworks Sardinia 2015 è entrato nel vivo e i 90 partecipanti, docenti e studenti provenienti da ogni parte del mondo, sono già al lavoro. Tra loro anche sette giovani del centro di accoglienza per rifugiati di Alghero. Sabato 30 maggio la conclusione con un percorso di visita alle installazioni e una performance sonora.
Il workshop è anche occasione di confronto aperto che i coordinatori di Landworks hanno cercato e trovato con l’amministrazione comunale sassarese e gli abitanti della borgata dell’Argentiera. Il loro obiettivo è quello di far capire il metodo di intervento che prevede un approccio metodologico differente con interventi soft, estemporanei. Dal 22 maggio hanno trasformato l’Argentiera in un laboratorio paesaggistico, un vero e proprio campo di studio e di lavoro. Un’attività che li vede impegnati a realizzare una sorta di cantiere a cielo aperto, multiculturale e pluridisciplinare. Nei giorni scorsi, a Pozzo Podestà, i partecipanti al workshop hanno incontrato l’amministrazione comunale e i cittadini.
È stato l’assessore all’Urbanistica Alessio Marras a illustrare le caratteristiche dell’Argentiera dal punto di vista urbanistico, ricordando come la borgata sia stata inserita all’interno del centro matrice e, come tale, sottoposta a vincoli simili a quelli dei centri storici. «L’indirizzo che abbiamo assunto – ha detto – è quello di un recupero della borgata, per indirizzarla anche verso un turismo eco-sostenibile. L’idea è di sfruttare l’esistente per un turismo legato all’ambiente, alla sua storia, attraverso percorsi che ne facciano un luogo di turismo alternativo, in controtendenza rispetto ai villaggi turistici».
Ad attirare l’attenzione è la storia della borgata, con il suo passato e la vita vissuta fuori e dentro la miniera. A raccontarla agli ospiti che “indagano”, intervistano, si mescolano con gli abitanti sono proprio questi ultimi. Tra questi c’è “ziu Antoni”, 75 anni e una vita trascorsa nella borgata. Si baserà sui suoi racconti uno dei progetti degli esperti del paesaggio. Alcuni di questi progetti riguardano la trasposizione di essenze nella discarica di inerti e la catalogazione del patrimonio. Il lavoro dovrà essere pronto per sabato, quando i sette team leader con le loro squadre presenteranno i lavori completati. Dalle 15 alle 18 del 30 maggio, lungo un percorso strutturato, i landworkers illustreranno le loro installazioni.
A dare un contributo ci sono anche sette ospiti del centro di seconda accoglienza di Alghero che nella manifestazione hanno colto un’occasione di esperienza e confronto. Vengono dal Senegal, dal Mali, dalla Nigeria e tra loro ci sono studenti, manovali, artisti, ballerini e cantanti. Suddivisi uno per ogni team, anche loro danno un contributo. «Il vero linguaggio – hanno spiegato Annacaterina Piras, Stefan Tischer e Paola Serrittu, coordinatrice, direttore scientifico di Landworks e urban planner – è quello dell’imparare facendo, attraverso anche uno scambio culturale, un’attività pluridisciplinare con contaminazione multiculturale». A chiudere la manifestazione, sabato 30 maggio, sarà anche una installazione sonora che vedrà in azione atleti di parkour muoversi tra le installazioni, le rocce e gli edifici della borgata.
I team leader. Tra gli architetti di rilevanza internazionale che stanno partecipando all’evento si segnalano Henri Bava di Agence Ter, Parigi, Lorenzo Brusci del Musst di Berlino, Pedro Camarena Berruecos del Laap di Mexico City, Walter Hood di Hood design di Oakland, quindi Isabella Inti di Temporiuso.net di Milano e ancora Ferdinand Ludwig del Baubotanik.org di Stoccarda, Christian Phongphit del SoA+D di Bangkok, Christiene Sfeir del Mape di Beirut e Roberto Zancan del Be Open Fondation di Milano.