Le bandiere di Pattada patrimonio storico del territorio
Con il progetto “Banderas e Cadderis” realizzato un documentario di antropologia visuale che riscopre e valorizza alcune pratiche votive del paese del Monteacuto. Il 1° febbraio la proiezione nella chiesa di Santa Sabina
Sono drappi di broccato dai colori vivi e sgargianti, arricchiti da nastri colorati, cordoni e frange dorate. Nel loro tessuto, tra orditi e trame, si cela la loro stessa genesi, la storia delle famiglie che le custodiscono con fede e gelosia, come oggetti preziosi e di culto. Sono le quarantotto bandiere di Pattada che ogni anno vivono da protagoniste le feste principali del paese del Monteacuto.
La storia di ciascuno stendardo costituisce il patrimonio che “le famiglie custodi” si tramandano da generazioni. Un bagaglio di cultura poco conosciuto e che, adesso, vive e si svela attraverso un documentario di quasi un’ora e mezza, realizzato da sei giovani pattadesi.
Dalla loro iniziativa, dalla volontà di far conoscere oltre i confini del Logudoro quella ricchezza storica e culturale del paese è nato il progetto “Banderas e Cadderis, processioni a cavallo e pratiche votive a Pattada”, da cui prende anche il titolo il documentario, in parte autofinanziato e in parte sovvenzionato dal Comune di Pattada e dalla Provincia di Sassari, attraverso i fondi della legge regionale numero 26 del 1997.
A lavorare per oltre un anno, ognuno portando le proprie competenze e guidati dal regista Andrea Campus, sono stati Pietro Campus, Mariella Campus, Giannella Bellu, Alessandro Pisano e Gian Piero Mongiu. Il prodotto finito adesso è pronto per essere presentato. Il 1° febbraio alle ore 19 è in programma la proiezione del documentario nella chiesa di Santa Sabina, luogo storicamente legato alla processione votiva delle bandiere.
Il documentario di antropologia visuale si sviluppa in senso cronologico, passando per le tre principali feste che vengono celebrate nell’arco dell’anno. Prende l’avvio e si conclude con la festa della Beata Vergine del Carmelo (16 luglio) e lo scambio delle bandiere, nel mese di settembre, tra il priore uscente e quello entrante, quindi con la festa patronale di Santa Sabina (29 agosto) e quella della “Nostra Signora de su Meraculu” di Bitti (30 settembre). Il documentario diventa la storia di ciascuna bandiera e mette al centro i sentimenti, le sensazioni, le gioie, i dolori dei cavalieri e dei custodi dei vessilli. È a loro che viene fatto raccontare, con la tecnica delle interviste fuori campo realizzate da Giannella Bellu e Alessandro Pisano, come e perché è nata la bandiera.
Racconti rigorosamente in sardo, che in una seconda fase saranno accompagnati da sottotitoli in italiano, che recuperano una parte della storia del paese e delle vicende, personali o sociali, che hanno interessato la comunità del Logudoro. A raccontare ci sono anche i cavalieri che ricevono dalle famiglie pattadesi “l’onere e l’onore”, seppure soltanto per un giorno, di portare in processione l’insegna. E lo fanno tutti con fierezza in un ordinato corteo che sfila per il paese, «perché portare la bandiera – afferma un cavaliere – è una cosa seria. Portare la bandiera è portare in processione il santo».
Le bandiere si caratterizzano per avere in cima una effige, una croce lignea dorata, una statua raffigurante la Madonna, un santo o una colomba. Tante nascono come ex voto alla Vergine o a un santo, alcune trovano origine alla fine del 1800, una di esse da un fatto giudiziario documentato. C’è quella realizzata dal soldato sopravvissuto alla guerra, quella legata a un momento doloroso, quella che scioglie una promessa alla Vergine.
Sas Banderas divengono anche strumento attraverso il quale le comunità di Pattada e Bitti rinsaldano annualmente il loro rapporto: sos cadderis de Pattada rappresentano oggi una componente imprescindibile della festa in onore de Nostra Signora de su Meraculu, che si tiene ogni 30 settembre nel santuario alla periferia del centro barbaricino. Le bandiere sono patrimonio e bagaglio culturale e non solo in senso lato perché, a fine festa, vengono ripiegate e riposte con i loro bastoni in valige per essere custodite come gioielli sino all’uscita successiva.