Le verità di Stefano Lubrano, il sindaco che non si lascia manovrare
Ho accettato di candidarmi a Sindaco di Alghero nella consapevolezza che per il bene della Città era ed è necessario un cambiamento nel modo di fare politica. La mia proposta centrata su etica, competenza e dedizione ed estranea ad ogni radicalismo è stata accolta con entusiasmo dalla gente, condivisa ed applaudita anche da quanti ora propongono pubblicamente le proprie scuse alla cittadinanza per aver sostenuto la persona sbagliata.
Certamente se uno sbaglio da queste persone è stato commesso è quello di aver pensato di utilizzare il mio nome per fare un’operazione di facciata di proporre il cambiamento e poi poter manovrare dietro le quinte e governare per interposta persona secondo vecchie logiche di potere.
Nel corso di questi mesi di governo la mia azione e quella della Giunta sono state screditate da una parte della maggioranza che reclamava la necessità di dare centralità alla politica e recitava di “abissi tra consiglieri comunali e assessori”. Già nel mese di febbraio, secondo quella che nel gergo politico si chiama dialettica era stata avanzata da alcuni esponenti del PD in particolare Bruno e Daga, una richiesta di azzeramento della giunta, mentre nel mese di marzo con una logica estranea invece ad ogni dialettica, lo stesso Mario Bruno già avanzava, durante una conferenza stampa, una propria auto candidatura alla carica di Sindaco della Città, un ripensamento un po’ tardivo quella di Mario Bruno, che un anno prima era stato visto dall’opinione pubblica come un candidato naturale alla carica di Sindaco, esortato da tutto il centrosinistra ad accettare questa candidatura ma che aveva preferito declinare l’invito affermando di essere più utile per la Città sul suo, forse più difficile e forse per questo meglio remunerato, scranno in Regione.
Nella consapevolezza che per il bene della Città fosse necessario portare avanti questa esperienza amministrativa ho cercato una sintesi che accogliesse le richieste di quella parte politica che reclamava un ruolo centrale ed operativo nella prassi amministrativa e contemporaneamente garantisse il più possibile continuità al lavoro impostato dagli assessori nei mesi precedenti; in questo senso ho accettato l’ingresso in giunta di consiglieri comunali concordando però con le forze politiche di non procedere ad un azzeramento della stessa.
Nei mesi passati, nonostante questa apertura, si è assistito ad una situazione di stallo tanto da costringermi a reclamare pubblicamente che i partiti formalizzassero i nomi che ritenevano vincenti per il governo della Città. A questa richiesta il PD ha risposto in modo lento e farraginoso, quasi senza convinzione, presentando dei nomi, ma contemporaneamente pregiudiziali di incompatibilità (facilmente risolvibile con oneste dimissioni da consigliere regionale) o giocando ad una sorta di nascondino politico (entro solo se lo fa anche quell’altro).
Quando infine il PD sembrava mettere in campo i suoi uomini di punta e venivano loro formalizzati gli incarichi sui quali potersi finalmente spendere nei fatti con la propria azione per il bene della città, lo stesso PD si sottrae ad ogni responsabilità proponendo la mozione di sfiducia nei confronti del Sindaco. Un comportamento analogo si è avuto da parte di Alguerosa. La nomenclatura del gruppo si era spesa in maniera ossessiva sul nome di Rosa Accardo già all’indomani dell’elezione chiedendomi con insistenza di derogare a quanto avevo sempre dichiarato durante la campagna elettorale e di riservarle l’assessorato ai servizi sociali.
Nel momento in cui tale apertura viene fatta e a Rosa Accardo viene chiesto di spendere la propria competenza in un settore amministrativo strategico per il benessere sociale della Città quale quello della cultura, dell’istruzione, delle politiche linguistiche e dello sport e l’apparato di Alguerosa ritiene doveroso declinare l’offerta e sottoscrivere invece la mozione di sfiducia del PD. Nel corso degli ultimi mesi ho più volte percepito quella con il PD e per certi versi anche quella con Alguerosa non come una trattativa volta realmente a trovare le soluzioni migliori per Alghero quanto come un’azione mirata a mettermi in difficoltà, a condurmi a gettare la spugna.
La mia elezione a Sindaco ha rappresentato per molti una liberazione dalle logiche politiche vecchie che soffocavano il sistema amministrativo della Città e quindi il suo tessuto economico e sociale; il quadro politico che si è letto in questi mesi e che si è palesato in maniera così eclatante in questi giorni impone la necessità che ci si confronti in Consiglio Comunale e che si rendano note alla Città le motivazioni del proprio operato così che siano chiare ai cittadini le logiche di quanti vogliono il bene di Alghero e di quanti invece la vorrebbero soggiogare di nuovo alle dinamiche personali dei partiti.