Liberare le energie produttive
Liberare le energie produttive di una comunità significa agevolarne le iniziative, non frapporre ostacoli burocratici o normativi, o peggio a volte, pregiudiziali opposizioni ideologiche, che ne impediscano il dispiegarsi, che ne limitino le potenzialità o che alla fine blocchino del tutto che si realizzi quello sviluppo di cui tanto si parla ma che va poi costruito con atti concreti. Naturalmente rispettare le regole deve essere il presupposto fondamentale per tutti, ma l’altro presupposto è che le regole siano chiare, siano applicate allo stesso modo ovunque, che valgano davvero per tutti. Senza questi presupposti parlare di sviluppo e lavoro è solo un esercizio dialettico senza alcuna sostanza, ed è dunque su fatti concreti che deve misurarsi la reale volontà di agevolare lo sviluppo e accrescere l’occupazione.
Per questo su due fatti concreti, entrambi negativi, si dimostra come troppo stesso gli intenti siano svincolati dalla realtà e le parole dai fatti. In questi giorni è stato posto in vendita, speriamo provocatoriamente, il camping Calik Blu, una struttura ricettiva con ottime potenzialità sulla quale sono stati fatti investimenti notevoli per renderla competitiva sul mercato del nord Europa e tedesco in particolare, dove il turismo all’aria aperta legato all’ambiente rappresenta una grande opportunità per il nostro territorio. Peraltro Alghero ospita altri campeggi di eccellenza che soddisfano questo importante settore del turismo che negli ultimi anni ha sofferto più di ogni altro a causa degli indiscriminati aumenti delle tariffe delle navi e per il quale, proprio per questo, si dovrebbe avere un occhio di riguardo.
In particolare al campeggio sul Calik, che è stato anche in concessione alla ex azienda di soggiorno e turismo di Alghero e quindi in mano pubblica prima di essere ceduto ai privati dall’amministrazione Soru, è stata contestata l’installazione delle così dette “case mobili”, in riferimento al fatto che sarebbero dotate di collegamenti stabili ai sotto servizi, fognature comprese, e che dunque non avrebbero la caratteristica della precarietà che il sito di grande rilievo ambientale richiederebbe. Quello che emerge, guardando oltre il groviglio di norme urbanistiche, direttive europee, interpretazioni giurisprudenziali, è il paradosso che installazioni che sono rispettose dell’ambiente, molto più di altre che avrebbero però la caratteristica della precarietà, sarebbero vietate proprio per la delicatezza ambientale del sito! Questi sono i limiti, i lacci, gli impedienti posti allo svolgimento dell’attività di impresa. Un groviglio che si pone contro una concreta possibilità di sviluppo che avviene con investimenti privati, che rispetta l’ambiente, che qualifica e arricchisce l’offerta turistica della città, che incrementa le presenze turistiche, che genera posti di lavoro stabili.
Insomma il risultato finale è che si rischia di non poter realizzare ciò che normalmente viene concesso e realizzato altrove, che peraltro garantisce un rispetto dell’ambiente di livello più elevato, e che va incontro alle esigenze di un mercato rispetto al quale non ci si può presentare con standard inferiori ai competitori. Se poi ad una applicazione così punitiva delle regole, in teoria poste a tutela dell’ambiente, si contrappone a pochi metri di distanza la violazione continua e completa delle regole o peggio ancora la violenza praticata contro l’ambiente che vediamo quotidianamente nel cosiddetto campo nomadi, allora la rabbia, il senso di ingiustizia ed alla fine la voglia di mollare tutto e andare altrove, diventa giustificata. Da una parte la sensazione di un accanimento contro chi ha voglia di fare impresa in modo sano, non assistito, e produttivo per il territorio, dall’altra la impunità totale rispetto a fatti che rappresentano la violazione anche delle più elementari regole della convivenza civile. E tuttavia fra i due fatti pare ricevere maggiori attenzioni, maggiore comprensione, maggiore tutela la situazione “fuorilegge” rispetto a quella che invece rappresenta una risorsa per lo sviluppo e per la crescita occupazionale e che rischia di essere dimenticata nel più totale silenzio e nella più totale indifferenza.
Altrettanto emblematico è il caso della concessione demaniale richiesta dall’hotel Carlos V. Anche qui senza voler entrare nei tecnicismi della richiesta di concessione e nell’analisi delle norme che ne regolano il rilascio, appare evidente come la furia ideologica si scatena contro una normalissima e legittima esigenza di una azienda che fa turismo e che desidera svolgere la propria attività offrendo ai propri clienti ciò che la maggior parte delle strutture ricettive della città offrono, cioè un litorale accogliente e attrezzato. Stranamente, in una città che ha circa 90 chilometri di costa in grandissima parte libera, viene rappresentata una sollevazione popolare, si può dire per la verità ampiamente minoritaria, un po’ come la parte politica che la cavalca, con argomentazioni legate in parte alla nostalgia, in parte alla presunta sottrazione di litorale libero alla collettività, per negare o tentare di farlo, ad una azienda della città di poter migliorare la propria offerta turistica. Basterebbe poi vedere le condizioni di quel tratto di costa per immaginare che una concessione ben gestita potrebbe solo migliorarlo.
Naturalmente, si potrebbero fare altri esempi, ma questi sono sufficienti per rappresentare due casi che seppure per motivi diversi, uno per un groviglio di norme che sembrano congegnate per limitare le potenzialità di una azienda, l’altro che per motivi in gran parte ideologici e demagogici è fatta oggetto di polemiche incredibili, rischiano di vedere compromesse le iniziative, vedere compromesso lo sviluppo, i posti di lavoro, la crescita della offerta ricettiva della città, questi, tutti, interessi di carattere generale che devono essere perseguiti anche attraverso lo sviluppo della libera iniziativa realizzata con capitali privati.
Sino a quando casi come questi, e purtroppo non sono i soli, non troveranno risposte positive, in norme chiare che non siano “contro” ma a favore della libera iniziativa armonizzata con l’interesse generale e non verranno isolate posizioni ideologiche utilizzate per soddisfare la propria parte politica, sviluppo e occupazione resteranno solo slogan vuoti da utilizzare in campagna elettorale e poi accantonati nell’agire concreto.