L’isola di Annie Stevens: intervista ad Antoni Arca

Intervista ad Antoni Arca sul suo nuovo romanzo disponibile in ebook sia in italiano che in algherese

Perché un romanzo anglonuragico?
Lavoravo da tempo a una ricerca storica. Avevo la pretesa di smantellare i peggiori luoghi comuni che circolano sulla storia sarda. A lavoro concluso mi resi conto si sarebbe trattato di un libro del tutto inutile: gli storici di professione sanno benissimo che cosa sia vero oppure no dalla Sardegna pseudo Atlantide ai sardi balentes che da soli vincono tutte le guerre mondiali, mentre gli storici per passione sanno soltanto ciò che piace loro sapere e nessun nuovo libro li smuoverà dalle loro certezze. Per cui di quel libro distrussi le bozze e per qualche tempo pensai perfino di ritirarmi; passai dal pubblicare la media di tre libri all’anno a uno soltanto in quattro anni. Ma la voglia di scrivere non mi era passata, ovviamente, e da saggista per caso tornai a essere narratore per scelta. Ero al primo o al secondo anno di università quando pubblicai il primo racconto.

Per cui, per dirla facile, dagli appunti nuragici di questo fantomatico librone di antistoria sarda hai tratto ispirazione per scrivere un racconto di ambientazione nuragica.
In effetti. Nel giro di breve tempo la storia della bambina fenicia rapita dai protosardi si scrisse da sola, come si dice; ci avevo pensato talmente tanto che dovevo solo mettere “in bella” gli appunti. Ma si trattava di rendere credibili il clima morale e sociale del tempo, creare cioè delle psicologie attendibili. E come, se non inventando e quindi cadendo nella trappola dei luoghi comuni?

Facendo riferimento ai miti del vicino Oriente antico, Gilgamesh e Bibbia soprattutto.
Intuisco che hai letto il mio libro. È proprio così, ho recuperato preghiere, canti e racconti rinvenuti nelle tavolette mesopotamiche e nei papiri biblici e alcune le ho adattate, alcune le ho riscritte e altre le ho inventate cercando di riproporne lo spirito. Per cui il modo di pensare e essere dei miei personaggi non è una semplice invenzione o, peggio, una forzatura interpretativa, ma una deduzione rispettosa di tante letture bibliche o d’epoca biblica, vale a dire di quando Fenici e Nuragici abitavano in Sardegna.

In realtà, però, il romanzo narra la storia di una signora inglese che in gioventù abitò in Sardegna e di sua nipote, giovane laureanda, che svolge un’inchiesta per scoprire in quale terribile dramma fu coinvolta la nonna.
Già, a romanzo concluso mi resi conto che poteva essere interpretato come un racconto a tesi, una sorta di compitino antiatlantideo, e ripresi il tutto trasformandolo in quello che tu dici. Dopo di che, presi il romanzo quasi in bozze e lo chiusi in un cassetto per qualche anno.

Perché?
Avevo bisogno di un motivo per ricominciare a pubblicare, e questo mi è venuto dal ritorno all’algherese. Un pomeriggio decisi di “scrivere come mangio” e nel giro di qualche settimana nacque un romanzo di ambientazione metropolitana. Lo diedi in lettura a diversi amici editor di professione e mi confermarono che si trattava di un romanzo compiuto benché in algherese parlato.

Editor algheresi?
Ovviamente no. Editor esperti di narrativa e con una qualche consuetudine con l’algherese parlato. Avevo bisogno di dimostrare a me stesso che con l’algherese si può raccontare qualunque tipo di romanzo, non soltanto fiabe o memorialistica e soprattutto godibili non perché “l’algarés és la llengua nostra”, ma perché l’algherese è una lingua universale, capace di esprimere qualunque immagine, concetto scientifico e riflessione filosofica senza bisogno di nessuna stampella d’oltre mare.

E questo romanzo metropolitano è uno degli otto che pubblicherai a puntate su “Alghero Eco”. Ma torniamo a Annie’s Island.
Come ti dicevo, una volta scoperta l’acqua calda, per così dire, avevo bisogno di scoprire se nell’algherese di ogni giorno si potesse anche tradurre qualunque racconto scritto in altra lingua, e tradussi il racconto anglonuragico. E traducendolo, in realtà, lo riscrissi. A questo punto diedi in lettura la versione algherese, che ho voluto intitolare Annie Stevens, a un accreditato storico sardo di lingua algherese ed eccoci qua.

Perché solo l’edizione in ebook e non anche il cartaceo?
Non avrei ripreso a pubblicare senza l’ebook. Dopo un centinaio di libri cartacei pubblicati tra Sardegna, Corsica e Catalogna avevo bisogno di entrare nel presente. E il presente è internet, un luogo senza spazio e senza tempo dove tutto è uguale a tutto e uno è uno e non un tomo mal esposto nelle poche librerie dove il tuo editore riesce ad arrivare. E comunque, come accadeva nell’800, la copia cartacea si potrà avere insistendo col proprio libraio di fiducia. Basterebbero una ventina di prenotazioni per giustificare una stampa digitale.

Vuoi dire che su richiesta il libro potrebbe essere stampato?
Certo, come nell’800. I libri erano stampati su richiesta degli abbonati. Gli scrittori annunciavano i propri libri, quelli più fortunati li pubblicavano a dispense, e i librai si preoccupavano di farli rilegare secondo i gusti dei lettori.

Per cui i lettori dei tuoi romanzi a puntate sul blog di “Alghero Eco” potrebbero stamparsi i vari capitoli dei libri che stai pubblicando con noi e poi farseli rilegare.
Sarebbe bellissimo. Libri fatti su misura.

Red, 22 Gennaio 2015