“Mamuntanas e Surigheddu: vogliamo destinarle all’agricoltura o al turismo?”
L'opinione di Vittorio Guillot
Un gruppo indipendentista sardo ha recentemente protestato contro la prevista cessione delle ex aziende agricole di Mamuntanas e Surigheddu, ampie complessivamente circa duemila ettari, ad una multinazionale che le destinerebbe ad uso turistico-alberghiero, con campi di golf e tante altre belle cose. Per quanto sia lontanissimo da quell’indipendentismo, condivido quella protesta. Certamente non occorre essere degli esperti agronomi per affermare che i terreni di quelle aziende sono ottimi per la agricoltura e per l’allevamento del bestiame. E’ la loro storia che documenta questa loro attitudine. Il fatto è che, destinando quelle aziende ad ‘uso turistico-alberghiero’, si continuerebbe ad orientare la nostra economia cittadina su una determinata attività, quella turistica, appunto, che così rischia di diventare quasi una ‘monocultura’. E a me le monoculture non piacciono. Esse, infatti, espongono la popolazione al grave rischio di una diffusissima disoccupazione nel caso che quella attività vada in crisi o, addirittura, fallisca per un qualsiasi motivo. Tra i motivi può esserci anche qualche manovra speculativa. Quindi è sempre prudente diversificare in vari settori gli investimenti, la produzione e la formazione del personale. Il turismo, piuttosto, dovrebbe dare una spinta positiva anche all’allevamento ed all’agricoltura locale, che potrebbero fornire alle strutture turistiche molti dei prodotti alimentari che oggi sono importati.
Aggiungo, inoltre, di essere fortemente diffidente verso le multinazionali, disposte ad investire finché, dominando il mercato, possono spremere come un limone le risorse e le persone ed imporre alle popolazioni le loro condizioni, molto spesso usuraie, col ricatto di trasferire altrove i loro capitali. I quattrini, infatti, non hanno patria e possono essere facilmente essere trasferiti altrove. I lavoratori e le loro famiglie, invece, hanno, casa, radici e patria nel luogo in cui vorrebbero continuare a vivere e lavorare. Perciò chi governa dovrebbe fare tutto il possibile per difendere questa aspirazione della gente. In definitiva, a mio avviso, anziché impiantare altre strutture turistiche, sarebbe meglio dare impulso alla politica agricola regionale e locale, individuando gli obiettivi da raggiungere ed il modo di conseguirli, sostenendo le attività imprenditoriali e lavorative in armonia con essi e la commercializzazione dei prodotti. L’Ente Pubblico che ne é proprietario potrebbe continuare a mantenere nel suo patrimonio quelle aziende ed affidarle in concessione o in comodato d’uso per lunghissimo tempo, necessario per ammortizzare le spese per migliorie, a chi si impegna a seguirne l’indirizzo produttivo. Magari, alla fine del periodo di concessione, si potrebbe consentire agli agricoltori di riscattarne la proprietà. Potrebbero anche essere elargiti, in particolare ai giovani, prestiti agevolati od anche a fondo perduto per l’avvio della attività purché si penalizzasse senza pietà chi cercasse di fare il furbo con i soldi di tutti.
Ben vengano, in ogni caso, anche gli investimenti ‘forestieri’ che, se effettuati nell’ambito delle finalità stabilite dalla nostra politica, dalle nostre leggi e secondo gli interessi del nostro popolo, portano quattrini che arricchiscono l’economia locale. Occorre, cioè, che in questo caso ci si muova nel senso opposto a quello di certe multinazionali che, se volessero abusare del loro potere, dovrebbero essere tenute fuori dai nostri confini. Al loro posto si dovrebbe favorire l’imprenditoria locale, magari con l’utilizzo dei finanziamenti provenienti dal Recovery Fund. Io credo che la Regione potrebbe concordare col Governo di procedere in questo modo. Occorrerebbe, perciò, che anche la nostra Regione sapesse fare la sua parte per collaborare a quella fondamentale programmazione. …. E qui, potrebbe dire qualcuno, casca l’asino e chi ha scritto questo pezzo la smetta di sognare!