Maschere Carnevale Sardo: sabato 2 febbraio a Mamoiada
Gli estimatori e appassionati delle maschere rituali della Sardegna si ritroveranno a Mamoiada per assistere alla sfilata organizzata dall’associazione “Mamuthones Issohadores Proloco” (www.mamuthonesmamoiada.it). Un appuntamento che per gli organizzatori diventera’ annuale con dei punti fermi: la presenza fissa dei ‘mamuthones’ di Mamoiada, , ‘boes e merdules’ di Ottana e ‘thurpos’ di Orotelli , le maschere identitarie piu’ antiche e conosciute del carnevale barbaricino, piu’ ogni anno a rotazione di una maschere di un’altra localita’ dell’isola (si inizia con quella tradizionale di Bosa, s’ Attittidu) e infine, a partire dalla prossima stagione con una maschera o gruppo di provenienza estera.
Il programma della manifestazione – presentato da Antonio Mele, Presidente dell’associazione Mamuthones Proloco di Mamoiada- rappresenta una festa identitaria e genuina il cui fascino e’ rimasto ancora intatto. Sono previste le sfilate dei grandi e piccoli Mamuthones e Issohadores di Mamoiada, Boes e Merdules di Ottana, Thurpos di Orotelli e la maschera bosana S’Attittidu. Gli organettisti provenienti da tutta l’isola faranno invece scaldare la piazza fino a tarda sera al ritmo dei balli tradizionali. La maschera dei Mamuthones e’ sicuramente il piu’ grande simbolo del carnevale sardo, essendo oramai nota oltre i confini isolani ed europei per il suo forte valore simbolico e l’alone di mistero che ancora la circonda. Dal rito della vestizione, vera e propria metamorfosi pervasa di generale eccitazione, al passo lento e grave della camminata con i pesanti campanacci sulle spalle, fino alla danza teatrale e grottesca: tutto assume un valore simbolico e ancestrale che provoca di volta in volta sgomento, paura, ammirazione. Mamuthones ed Issohadores, dalla funzione assolutamente complementare e inscindibile, attirano ormai da anni le attenzioni di decine di studiosi e appassionati delle tradizioni. Gli Issohadores, dalla figura piu’ gentile e fiera nel loro abito con prevalenza di rosso e bianco, hanno compito di protezione e controllo, una andatura piu’ leggera che pero’ sorprende nei tanti lanci de “sa soha”, ovvero la fune con cappio di cui sono muniti. Con questa “catturano” di volta in volta un malcapitato che, nell’antica usanza, doveva pagare un simbolico pegno. Questo e’ l’unico rapporto che intercorre tra il pubblico e le maschere.
Anche a Ottana, culla di uno dei carnevali piu’ noti e autentici della Sardegna, due maschere si accompagnano e si fronteggiano nel rituale. I Boes (buoi) dalle lunghe corna taurine, ricoperti del vello di pecora bianco e dai pesanti e grandi campanacci, sono tenuti per le redini dai Merdules, figure umane ma dai volti inquietanti e deformi. Entrambe le maschere, realizzate generalmente in legno di pero, sono dette “Carazzas”. Intorno a loro compare spesso l’inquietante figura de “Sa Filonzana”, una donna generalmente ricoperta di abiti neri che fila la lana utilizzando un fuso a mano. Leggendo per metafora, si dice che il filo rappresenti la vita, ed ogni volta che la donna si accinge a spezzarlo con le sue forbici, ci si deve precipitare ad invitarla a bere cosi’ da distoglierla dal fatale gesto.
Orotelli sara’ presente con i suoi “Thurpos”, figura dionisiaca di uomini-animali ciechi, maschere di origine arcaica con sottintesi fini propiziatori, derivanti dalla necessita’ dell’uomo di ricercare un aiuto dalle divinita’ nelle difficolta’ del quotidiano. Riscoperti nel 1978 da una ricerca dell’insegnante Giovannina Pala Sirca, che nella sua indagine attinse soprattutto da testimonianze orali, sottolineo’ l’importanza del rito propiziatorio per l’annata agraria delle maschere. Si presentano con il viso pitturato del nero pesante della fuliggine di sughero, vesti scure d’orbace che richiamano la quotidianita’ contadina e pastorale, pantaloni da cavallerizzo e gilet e giacca di velluto oltre che i gambali in cuoio cosi’ come i pesanti scarponi rinforzati di chiodi. I campanacci portati a tracolla sopra una grossa cintura rappresentano ancora di piu’ i legami tra uomo e l’animale che ne condivide il destino quotidiano nel lavoro dei campi. Spesso legati tra loro come buoi e accompagnati dal bovaro, su Voinarzu che ne tiene a bada l’aggressivita’ con un bastone, e’ anche possibile assistere a scene di “ferratura” o semina simbolica dei campi. Qualora i Thurpos riescano a catturare uno spettatore dal pubblico, questi sara’ “costretto” a seguirli ed offrirgli da bere, cosi’ da offrire buon auspicio per l’annata che verra’.