Molto più lavoro e meno riforme, questa è l’unica e principale priorità del nuovo governo.

Quando il 35% dei giovani non trova lavoro e se lo perdi dopo i quarant’anni non lo trovi più, quando a Milano nel cuore dell’Italia più ricca sono sempre più numerose le famiglie che portano i figli alla mensa dei Francescani perché i genitori hanno perso il lavoro e non ce la fanno più a portare in tavola pranzo e cena (ad Alghero ciò si verifica alla caritas dove sono in aumento le persone bisognose di buoni pasto!) un governo deve avere una sola priorità: il lavoro. La prima cosa da fare è cancellare la parola riforme dal vocabolario del governo. I partiti che sostengono Letta hanno sprecato un anno a parlare di riforme senza farle. Servono misure concrete non grandi riforme, scelte immediatamente operative che non si perdano nei labirinti attuativi cadendo preda di una burocrazia che pensa solo ad autoalimentare se stessa.

Le riforme economiche dovranno aspettare un governo coeso per essere fatte. Purtroppo la riforma Fornero non è riuscita a sostituire i contratti a tempo determinato ed indeterminato con un contratto unico, cioè non ha riformato il mercato del lavoro. Il risultato paradossale è che oggi assumere è diventato veramente difficile. I contratti a tempo determinato non sono certo l’ideale ma sono meglio dello spettro della disoccupazione. Bisogna cancellare le riforme dello scorso anno che li hanno resi più complicati. Le tasse sul lavoro fanno sì che un lavoratore non sposato costi all’ impresa circa due volte il suo stipendio netto contro un rapporto pari a 1,7 nel resto dell’ area euro. I contributi sociali ammontano (dati Istat alla mano) a 216 miliardi. Per riportare il cuneo fiscale a livelli europei servono circa 50 miliardi. Quindici si possono recuperare eliminando tutti i sussidi come da tempo chiede la confindustria, stessa cifra si recupererebbe tagliando le detrazioni fiscali e un’ altra decina di miliardi tagliando alcuni costi della politica a cominciare dai rimborsi elettorali. Infine il resto potrebbe provenire da una più severa e meticolosa lotta all’ evasione fiscale.

Intanto le banche hanno chiuso i rubinetti del credito e il motivo principale è che hanno troppo poco capitale. Nell’attesa che l’Europa trovi il modo per rafforzarle si può ridurre si può ridurre il capitale di cui devono disporre per erogare il credito garantendo i prestiti alle piccole e medie imprese, vero volano dell’ economia nazionale. Queste garanzie potrebbero essere offerte dalla cassa deposito e prestiti. Negli anni la stessa si è trasformata in una nuova IRI (Istituti per la Ricostruzione Industriale creato da Mussolini nel 1933) acquisendo via via pezzi di imprese pubbliche. Bisogna assolutamente smontare questo sistema sovietico privatizzando per liberare il credito alle imprese. Gli argomenti per cui lo stato dovrebbe mantenere partecipazioni rilevanti in ENI, ENEL, TERNA, FINMECCANICA, ASSICURAZIONI GENERALI, non solo sono sbagliati ma sono anche difficili da spiegare ad un’ azienda che chiude perché la banca le ha tagliato il credito.

7 Maggio 2013