Muore il delfino fiocinato
Non si sa chi sia, non ha lasciato tracce. Le forze dell’ordine indagano sul bracconiere che ha ucciso il delfino nelle acque di Razzoli, alla Maddalena. Il corpo forestale ha sporto denuncia contro ignoti. E’ stata anche analizzata l’asta con la quale è stato fiocinato ma non ha ricondotto all’identità di luoghi o persone che potevano possedere quell’arma. Ma una cosa è sicura. Per questo delinquente, l’arresto scatterebbe immediatamente. I delfini costieri, così come tutti i cetacei, sono animali protetti dalla direttiva Habitat e dalla Convenzione di Washington. La loro uccisione è un reato. Previsto l’arresto e la reclusione da un minimo di 6 mesi fino a un massimo di due anni e una ammenda fino a 4 mila euro. Leggi severissime che non hanno impedito a qualche pescatore senza scrupoli di fiocinare il giovane delfino, un esemplare di 2 metri e 40, in ottimo stato di salute. L’animale, che non era stato ancora fotoidentificato a causa della giovane età, è morto per dissanguamento.
«Non siamo in grado di dire con precisione se l’asta tahitiana sia stata scagliata a mano con forza o con un fucile elastico – spiega il direttore del Parco nazionale della Maddalena, Ciro Pignatelli –. Al di là dell’aspetto tecnico resta la condanna morale di un gesto tanto crudele. Compiuto inoltre all’interno del santuario dei cetacei, l’habitat marino per eccellenza in cui vivono e si riproducono tursiopi, delfini, balenottere. Non c’è mai stato un episodio di questo tipo nel Tirreno. Purtroppo non abbiamo maggiori dettagli sul delfino ucciso. Essendo molto giovane non era stato ancora inserito all’interno del foto-archivio degli esemplari che transitano nelle nostre acque, una settantina». Questo il commento duro della direzione del parco, che attende nella risoluzione del caso e si augura che il vile bracconiere paghi per questa crudeltà gratuita.